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Il piano Cingolani contro il caro bollette

AGI – Il ministero della Transizione ecologica ha presentato il piano nazionale di contenimento dei consumi di gas naturale.

Le stime dell’impatto di tutte le misure prese portano ad un potenziale di circa 5,3 miliardi di smc di gas, considerando la massimizzazione della produzione di energia elettrica da combustibili diversi dal gas (circa 2,1 miliardi di Smc di gas) e i risparmi connessi al contenimento del riscaldamento (circa 3,2 miliardi di Smc di gas), cui si aggiungono le misure comportamentali da promuovere attraverso campagne di sensibilizzazione degli utenti ai fini di un comportamento più virtuoso nei consumi. 

Obiettivo riempimento stoccaggi in linea con target

L’insieme degli interventi, normativi e regolatori, e la risposta degli operatori coinvolti hanno consentito di raggiungere al primo settembre 2022 un livello di riempimento degli stoccaggi di circa 83%. Tale valore, in linea con l’obiettivo di riempimento del 90% e anche superiore, è fondamentale per disporre di margini di sicurezza del sistema gas e affrontare il prossimo inverno.

Diversificazione fonti approvvigionamento

Per quanto riguarda le misure per diversificare la provenienza del gas importato, ricorda il Mite, è stato siglato un accordo per il graduale aumento delle forniture di gas dall’Algeria, che consentirà di sfruttare al massimo le attuali capacità disponibili di trasporto del gasdotto che approda in Sicilia, fornendo volumi crescenti di gas già a partire dal 2022.

Sono state anche incrementate nel breve termine le importazioni dal gasdotto Tap, la cui società ha inoltre avviato le interlocuzioni per realizzare il raddoppio della capacità di trasporto, che non necessita di interventi tecnici sul tratto italiano del gasdotto. Inoltre il Governo, in coordinamento con Eni e con Snam, si è attivato per garantire approvvigionamenti di Gnl da nuove rotte, in particolare: sino a 3,5 miliardi di Smc dall’Egitto, sino a 1,4 miliardi di Smc dal Qatar, sino a 4,6 miliardi di Smc progressivamente dal Congo, e circa 3,0-3,5 miliardi di Smc da forniture in fase di negoziazione da atri Paesi quali Angola, Nigeria, Mozambico, Indonesia e Libia.

Entro primi mesi del 2023 primo rigassificatore in esercizio

L’obiettivo del Governo è quello di arrivare ad avere in esercizio al più presto, entro i primi mesi del 2023, il primo rigassificatore galleggiante e, successivamente e comunque entro il 2024, anche il secondo impianto. Ciò, sottolinea il Mite, è fondamentale soprattutto per poter affrontare l’inverno 2023 – 2024, considerato che con molta probabilità gli stoccaggi saranno pienamente utilizzati nella stagione invernale 2022-2023 e dunque occorrerà ricostituire adeguatamente le riserve. 

L’insieme delle iniziative messe in campo consente di sostituire entro il 2025 circa 30 miliardi di Smc di gas russo con circa 25 miliardi di Smc di gas di diversa provenienza, colmando la differenza con fonti rinnovabili e con politiche di efficienza energetica.

Sviluppo fonti rinnovabili fattore strategico

Nei piani del Governo lo sviluppo delle fonti rinnovabili rimane infatti un fattore strategico, in quanto consente di ridurre in modo strutturale la domanda di gas (nella misura di circa 2 miliardi di Smc ogni 10 TWh circa installati) oltre che le emissioni di CO2. Pertanto, il Governo continua a confermare gli impegni di decarbonizzazione per il 2030, che anzi assumono in questa fase un’ulteriore rilevanza ai fini strategici dell’aumento della indipendenza energetica.
Si prevede pertanto lo sviluppo di impianti per la produzione di energia elettrica rinnovabile offshore e onshore, per circa 8 GW l’anno a regime dal 2023.

L’andamento risulta in linea con le previsioni, comunque nettamente in crescita rispetto agli ultimi anni. In particolare, secondo gli ultimi dati relativi alla potenza rinnovabile neo autorizzata e/o vincitrice di asta con il Gse, sono attesi in esercizio + 9,3 GW tra 2022 e 2023 di cui 7 GW tra gennaio 2022 e marzo 2023, a fronte di meno di 1 GW/anno degli anni precedenti. E nel frattempo si continueranno ad autorizzare nuovi impianti, per l’autoproduzione o per la vendita dell’energia sul mercato. 

Riduzione orario e temperatura riscaldamento

La riduzione dei consumi promossa regolamentando il funzionamento degli impianti di riscaldamento sarà attuata entro il mese di settembre modificando la vigente regolamentazione della temperatura e dell’orario di accensione invernale attraverso un decreto del Ministro della Transizione Ecologica. 

In particolare, è prevista la riduzione di un grado del riscaldamento degli edifici, da 17 con più o meno 2 gradi di tolleranza per gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili, da 19 con più o meno 2 gradi di tolleranza per tutti gli altri edifici. L’accensione del riscaldamento viene ridotta di 15 giorni (posticipando di 8 giorni la data di inizio e anticipando di 7 giorni la data di fine esercizio) e di 1 ora per quanto attiene la durata giornaliera di accensione. Sono fatte salve le utenze sensibili ovvero ospedali, case diricovero ecc.


Il piano Cingolani contro il caro bollette

Il piano di Amazon per assumere 3.000 persone in Italia entro l’anno

AGI – Amazon assumerà tremila persone a tempo indeterminario in Italia entro l’anno. Il ‘Piano Italia’ del colosso dell’ecommerce porterà così la forza lavoro complessiva dai 14.000 dipendenti del 2021 a oltre 17.000, in più di 50 sedi in tutta Italia.

“Sono orgogliosa di confermare il nostro impegno nel supportare l’economia italiana”, dichiara Mariangela Marseglia, VP Country Manager di Amazon.it e Amazon.es. “Amazon è diventata una delle più grandi creatrici di posti di lavoro in Italia, offrendo all’interno dell’azienda, in tutto il Paese, opportunità professionali stabili e ben remunerate. È particolarmente importante sottolineare che si tratta di lavori di qualità, come certificato nel 2021 e confermato nel 2022 dal Top Employers Institute, che premia la qualità dei luoghi di lavoro, le opportunità formative e i piani di carriera offerti ai lavoratori in Italia”.

Secondo uno studio di The European House – Ambrosetti che analizza le grandi aziende in Italia, Amazon è la realtà privata che ha creato più posti di lavoro in Italia negli ultimi 10 anni. In media, dall’avvio delle attività in Italia nel 2010, ogni settimana Amazon ha creato più di 26 posti di lavoro a tempo indeterminato. 5.000 contratti a tempo indeterminato sono nel Centro e Sud Italia.

Nel 2021 la retribuzione iniziale ammontava a 1.680 euro al mese, l’8% in più rispetto alla retribuzione standard fissata dal Contratto nazionale per il settore dei trasporti e della logistica, inoltre i dipendenti ricevono un pacchetto di benefit tra cui sconti su Amazon.it e un’assicurazione integrativa contro gli infortuni e il programma Career Choice, che fornisce ai dipendenti finanziamenti gratuiti per la formazione professionale e le tasse scolastiche fino a un valore di 8.000 euro.

“Dal 2010 Amazon ha investito oltre 8,7 miliardi di euro in Italia per la propria crescita e per supportare la digitalizzazione del Paese” aggiunge Lorenzo Barbo, responsabile di Amazon Italia Logistica. “Investimenti che hanno generato nuovi posti di lavoro di qualità che stanno contribuendo alla crescita dell’Italia. L’aumento dei posti di lavoro va di pari passo con la crescita della nostra rete logistica: poche settimane fa è infatti entrato in attività un nuovo centro di distribuzione ad Ardea, area metropolitana di Roma, in cui creeremo 200 posti di lavoro entro tre anni. Inoltre, sempre entro l’anno apriremo il nostro primo centro di distribuzione in Abruzzo, a San Salvo, in cui saranno creati 1.000 nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato entro tre anni dall’avvio dell’operatività”

L’azienda è alla ricerca di lavoratori nello sviluppo di software, nel marketing, nella finanza o nell’attività di ricerca sulle tecnologie del futuro, così come nel prelievo e nella spedizione delle merci. La gamma delle qualifiche vanno da Hardware Integration Engineer – Advanced Technologies a Product Support Engineer all’interno del team Amazon Robotics Global Safety and Support (GSS).


Il piano di Amazon per assumere 3.000 persone in Italia entro l’anno

Cingolani, sul clima “un piano transizione complesso, tocca tutti”

AGI – “C’è da sviluppare una transizione che non sia né troppo lenta né troppo veloce. In questa fase stiamo riprogettando il futuro a breve. Ne è uscito un piano molto complesso che tocca pesantemente tutti e ha delle implicazioni politiche“. Lo ha detto il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, durante l’incontra virtuale con gli studenti delle scuole superiori nell’ambito del progetto di educazione civica Cosmopolites.

“Il nostro piano, coordinato con la commissione europea, è diventato quello che tira la transizione. Va monitorato ogni anno e ci vuole l’impegno di tutti. Io, finita questa fase, tornerò a fare il mio mestiere e dopo qualcun’altro dovrà portare avanti questa grande trasformazione badando soprattutto agli aspetti sociopolitici ed, eventualmente, cambiando quello che sarà necessario cambiare in corso d’opera”, ha aggiunto. 

“In questo momento – ha dichiarato il ministro – stiamo puntando sulla trasformazione delle rinnovabili, cercando di aumentare molto la quota di energia elettrica rinnovabile, facendo un poderoso investimento nei prossimi 10 anni, in modo da avere che oltre il 70% della nostra energia elettrica sia prodotta da sorgenti rinnovabili. Questo rende credibile utilizzare il trasporto elettrico e la manifattura elettrica. Si esce dal carbone e si va più a elettricità”.

Fusione nucleare è la soluzione a tutto

“Sono assolutamente certo, ci metterei la firma, che la fusione nucleare sarà la soluzione di tutto. Il concetto è: nel 2050-2070, non so quando riusciremo, avere una piccola stella in miniatura, di diametro 30 cm, che in una grande città produce energia per tutti e non fa scorie radioattive. Poi c’è la fissione che è quella che quella che crea problemi ed è un pò più critico”, ha detto Cingolani, sottolineando che con “la fusione si fa come la natura, si copia l’universo, e sicuramente quella è la strada. Anche per questo nella tassonomia non può non esserci il nucleare perchè tutto l’universo funzione con la fusione e prima o poi anche noi. Sicuramente è un settore dove bisogna fare grandi investimenti e studiare molto”.

“Vanno studiati i reattori piccoli modulari”

“Noi non possiamo decidere oggi sul nucleare perchè, anche se avessimo 100 miliardi in tasca, oggi non c’è una soluzione nucleare pronta. La mia posizione tecnica, non politica, è che assolutamente non farei delle centrali di prima e seconda generazione, perchè sono complesse, costose e hanno problemi.

Sono assolutamente convinto che vada studiata la nuova generazione di reattori, i cosiddetti reattori piccoli modulari, non producono grandissima potenza però sono più sicuri. Secondo me, da li’ potrebbero venire ottime notizie di rapporto costo-beneficio, però sono in fase di studio in molti paesi del mondo. La tecnologia va studiata e capita, ci vorranno ancora diversi anni. Se si dovesse studiare una tecnologia del genere sarebbe saggio, io lo farei”, ha aggiunto il ministro.

“Abbiamo un appuntamento importante con la tassonomia energetica europea. La commissione europea, dopo un lungo lavoro, pubblicherà in questi giorni la tassonomia: una tabella intelligente che dice quali sono le tecnologie energetiche ritenute verdi che non producono anidride carbonica e gas clima alteranti e sulle quali sarà possibile investire nei prossimi anni. Ciascuno stato poi si farà il proprio energy mix”, ha ricordato il ministro, sottolineando che nella tassonomia europea “al 99% ci sarà anche il nucleare, perchè oggettivamente non fa Co2. è certo che ci sia, lo hanno già anticipato”.

Secondo Cingolani quindi, “con questa cosa in mente, bisogna pensare che ci sarà la possibilità di poter utilizzare tra le varie sorgenti anche il nucleare. Ogni paese è sovrano, noi abbiamo votato dei referendum anni fa che hanno escluso l’uso del nucleare. Era il nucleare di prima generazione. Poi, quando avremo tutti i dati sulle nuove tecnologie, il Paese prenderà le sue decisioni e può farlo in tanti modi, facendo altri referendum e altre leggi, ma io non ci sarò”. 


Cingolani, sul clima “un piano transizione complesso, tocca tutti”

Via libera dell’Ecofin al Piano di resilienza dell’Italia e di altri 11 Paesi

AGI – Via libera dell’Ecofin al Piano di resilienza dell’Italia e di altri Paesi, con i primi fondi del Recovery che saranno disponibili già a fine mese.Oltre a quello dell’Italia l’ok è arrivato per quelli di Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Lussemburgo, Portogallo, Slovacchia e Spagna.

Subito convenzioni e accordi di prestiti con la Commissioni

Gli Stati membri potranno ora stipulare convenzioni di sovvenzione e accordi di prestito che consentiranno un prefinanziamento fino al 13% dell’importo totale”. Per l’Italia si parla di una cifra di 25 miliardi in arrivo già tra luglio e agosto.

 

Un passo verso la ripresa

Il presidente di turno dell’Ecofin, il ministro sloveno Andrej Šircelj, ha parlato di decisioni che “rappresentano un importante passo avanti nella ripresa economica europea”, poiché “consentiranno agli Stati membri di utilizzare i fondi non solo per uscire dalla crisi Covid-19, ma anche per creare un’Europa resiliente, più verde e più digitale, innovativa e competitiva per le prossime generazioni dell’Ue”. Per il commissario Paolo Gentiloni, sarà decisiva l’attuazione dei piani nazionali: “Siamo tutti impegnati a farlo funzionare, ma quello che succederà nei prossimi, mesi, anni è la parte decisiva di questo programma straordinario e senza precedenti”.


Via libera dell’Ecofin al Piano di resilienza dell’Italia e di altri 11 Paesi

In arrivo entro l’estate il piano del governo per la banda ultralarga

AGI – E’ in dirittura di arrivo un piano nazionale sulla banda ultralarga. Parola del ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale, Vittorio Colao.

“La banda ultralarga è essenziale per lo sviluppo del Paese, sappiamo che siamo indietro ed è la priorità numero uno”, ha premesso il ministro intervenendo al convegno ‘Le nuove reti per l’industria italiana e per i consumatori’ organizzato da Fratelli d’Italia. 

Colao si è schermito sul tema caldo della Rete Unica limitandosi a dire “che come governo non dobbiamo aspettare gli eventi ma pianificare interventi“, e in quest’ottica al momento “l’obiettivo è di portare un piano sulla rete ultralarga entro l’estate, magari prima della fine dell’estate”.

Nel ribadire la strategicità della banda ultralarga, Colao ha poi spiegato che “con il ministro Giorgetti abbiamo iniziato il lavoro per il piano ‘Italia a 1 Giga’ che vuole portare la banda ultralarga in tutte le case, in tutte le scuole e strutture sanitarie, nei territori, ovunque insomma”.

Si tratta, ha sottolineato il ministro, “di un piano ambizioso perchè vuole fare arrivare l’Italia in buona forma nel 2026. Il primo principio che seguiremo sarà quello della celerità, il secondo quello della neutralità tecnologica, potremo usare il 5G e la fibra, ma l’importante è arrivare dappertutto e uccidere il ‘digital divide’”, mentre “il terzo principio sarà quello di mantenere la concorrenza e garantire che non si creino posizioni dominanti, in modo da consentire ai cittadini di continuare a scegliere”, ha concluso Colao. 


In arrivo entro l’estate il piano del governo per la banda ultralarga

Il Regno Unito ha varato un nuovo piano da 4,6 miliardi di sterline per le aziende colpite dal covid

AGI – Il Regno Unito lancia un nuovo piano da 4,6 miliardi di sterline (quasi 5,1 miliardi di euro) per aiutare le aziende colpite dalla crisi innescata dal Covid.

“Il nuovo aiuterà le imprese a superare i mesi a venire – e soprattutto servirà a mantenere i posti di lavoro, in modo che i lavoratori possano essere pronti a tornare quando saranno in grado di riaprire”, ha spiegato in un comunicato il ministro delle Finanze, Rishi Sunak.

Negozi, bar e ristoranti riceveranno fino a 9.000 sterline, a vantaggio di centinaia di migliaia di aziende per un valore di 4 miliardi di sterline, secondo il comunicato del ministero delle Finanze. Il governo sta anche istituendo un fondo di 600 milioni di sterline per coloro che non avrebbero diritto a questo nuovo aiuto.

“Annunciamo nuove iniezioni di denaro per aiutare imprese e posti di lavoro fino alla primavera”, ha detto Rishi Sunak, citato nel comunicato stampa. “La nuova variante del virus rappresenta una sfida enorme per noi e anche se il vaccino viene distribuito dobbiamo adottare misure più rigorose”, ha aggiunto.

Il premier britannico Boris Johnson ha annunciato ieri sera il ritorno al lockdown di tutta l’Inghilterra da oggi per lottare contro la diffusione del nuovo ceppo del coronavirus, più contagioso. Questa nuova misura, rigorosa come quella messa in atto la scorsa primavera, prevede la chiusura delle scuole e, se le condizioni lo consentiranno, durerà fino a metà febbraio.

Il governo britannico ha già sborsato circa 300 miliardi di sterline per mantenere a galla l’economia dall’inizio della crisi sanitaria, a costo di un disavanzo e debito pubblico in ascesa senza precedenti. E a metà dicembre aveva deciso di prorogare il regime di disoccupazione parziale fino alla fine di aprile. 


Il Regno Unito ha varato un nuovo piano da 4,6 miliardi di sterline per le aziende colpite dal covid

Il piano di Salvini per fare la Flat Tax ed evitare la procedura di infrazione

Mantenere nella prossima legge di Bilancio solo una quota dei 23 miliardi necessari per la copertura delle clausole di salvaguardia dell’Iva e trasferire il grosso della cifra sugli anni successivi. È uno dei progetti a cui starebbe lavorando il governo. È soprattutto la Lega a spingere su questa prospettiva. Certo, l’ipotesi sarebbe percorribile se la Ue decidesse di concedere come lo scorso anno una quota di flessibilità ma una volta evitata la procedura di infrazione, si potrebbe andare verso questa direzione.

Il punto di caduta nel governo non è solo il modo in cui Roma debba rispondere a Bruxelles sulla procedura di infrazione aperta nei confronti dell’Italia per disavanzo eccessivo. Si sta già discutendo sulla prossima manovra da approntare. Del resto è stato lo stesso presidente del Consiglio a sottolineare che occorre parlarne subito, facendo intendere che non è possibile realizzarla in deficit.

Alle domande dei cronisti in merito Salvini ha glissato. Flat tax in deficit? “Io voglio tagliare le tasse, il piano è pronto. Ne parlerò con gli alleati”, ha tagliato corto il ministro dell’Interno che in serata ha riunito i ministri proprio per discutere sui provvedimenti economici. “Mi aspetto fatti”, ha detto anche in serata al Tg2.

Secondo il partito di via Bellerio la manovra si aggirerebbe intorno ai 35 miliardi. E punterebbe tutta su un piano di investimenti e riduzione delle tasse. “Non si capisce perché l’Europa dovrebbe bocciarla. Su quella dell’anno scorso c’erano delle riserve legate al reddito di cittadinanza, ma su questa non possono dire nulla”, mette le mani avanti un ‘big’ del partito di via Bellerio.

 

Il punto centrale della manovra per Salvini è la flat tax. Il responsabile dell’Economia, Giovanni Tria, non è convinto delle coperture. La priorità ora è scongiurare la procedura d’infrazione e ogni discussione sulle cifre legate a misure fiscali è prematura, a partire dalle coperture per la flat tax, sottolinea fonti del Mef.

Ma dal Carroccio la tesi è diversa: si tratterebbe di reperire 10 miliardi, il resto verrebbe dalla ridefinizione degli sconti fiscali e dagli 80 euro previsti dal governo Renzi. La platea della flat tax – sempre secondo quanto apprende l’Agi – coprirebbe i nuclei familiari sotto i 50 mila euro di reddito e sotto i 26 mila per i redditi singoli. La Lega punta anche sul taglio del cuneo fiscale, prevedendo circa 4 miliardi.

Nel vertice economico a Palazzo Chigi si è deciso di istituire sette tavoli sui vari aspetti della manovra: dalla flat tax al Sud, dalle ‘tax expenditure’ alle privatizzazioni. Salvini vorrebbe usare una parte dei risparmi derivanti dal reddito di cittadinanza e da quota 100 (si parla di circa tre miliardi) anche per la flat tax. Una linea non condivisa nell’esecutivo.

Il titolare dell’Interno ha spiegato di non volere “atteggiamenti alla Monti“. Sia il vicepremier leghista che Di Maio non intendono dare il via libera ad una manovra lacrime e sangue. “Deve essere espansiva, bisogna puntare al taglio delle tasse”, è la posizione sulla quale concordano il ministro dell’Interno e il responsabile dello Sviluppo e del Lavoro. Ma è una posizione che si scontra con la tesi espressa più volte dal ministro dell’Economia e dal premier Conte che non intendono mettere a repentaglio i conti pubblici. 

Agi

Il piano di Francia e Germania per un bilancio unico dell’Eurozona

La Francia e la Germania presenteranno lunedì prossimo all'Eurogruppo straordinario in programma a Bruxelles un piano congiunto per creare un bilancio unico dell'Eurozona. Lo rivela il Financial Times, che ha avuto accesso alle bozze del piano. La proposta delle due maggiori economie dell'Eurozona in sostanza fa seguito alla dichiarazione comune di Meseberg, in cui questa estate Emmanuel Macron e Angela Merkel hanno proposto l'idea di un bilancio unico dell'Eurozona. Avere risorse specifiche per la moneta unica è fondamentale per portare avanti l'integrazione della regione e per per rendere l'economia della zona euro più resiliente alle crisi. Tuttavia a questo piano si sono opposti i Paesi Bassi e la Finlandia che stanno spingendo verso una maggiore responsabilità nazionale nella gestione economica dell'area euro.

Un fondo comune per gli investimenti

Secondo il Ft, il compromesso che emerge dal documento comune che verrà presentato lunedi', prevede che i soldi del bilancio siano utilizzati, come vuole Berlino, per finanziare la spesa per investimenti, al fine di favorire la "convergenza e la competitività" dei Paesi dell'Eurozona. Parigi invece spinge affinché i soldi vengano utilizzati per scopi di "stabilizzazione" e per aiutare a superare eventuali shock. Il documento inoltre prevede che siano i ministri delle Finanze dell'Eurozona, anziché la Commissione europea, a progettare i programmi di investimento in settori come la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione. La commissione dovrebbe poi approvare questi piani. Il documento prevede anche che il bilancio dell'Eurozona venga finanziato attraverso i contributi che i singoli Paesi dovrebbero versare in un fondo comune e aumentando le entrate attraverso una tassazione solo europea che attualmente non è ancora in vigore e che dovrebbe prevedere una "tassa sulle transazioni finanziarie".

Agi News

Ma Savona vuole davvero il ritorno alla Lira? Breve storia del “Piano B”

Con una lettera Paolo Savona ha provato il 27 maggio a fugare i dubbi sulla sua posizione anti europeista. In un testo affidato a Scenarieconomici.it, sito a cui spesso il professore ha affidato le proprie riflessioni su economia, finanza e innovazione, dice: "Le mie posizioni sono note. Voglio un' Europa diversa, più forte ma più equa". Savona ha parlato di “polemiche scomposte” auspicando inoltre l'attribuzione "al Parlamento europeo di poteri legislativi sulle materie che non possono essere governate con pari efficacia a livello nazionale". Propone di "creare una scuola europea di ogni ordine e grado per pervenire a una cultura comune che consenta l'affermarsi di consenso alla nascita di un'unione politica". 

Parole però che non hanno tranquillizzato fino in fondo. Non sul tema più caldo, quello su cui molti si aspettavano qualche riga. Nella lettera infatti non si fa riferimento diretto all’euro, né alle sorti dell'Italia dentro o fuori la moneta unica. Savona è in questi giorni indicato da molti come l’ideatore di un piano B per risolvere la crisi dell’eurozona. Il primo, il piano A, prevedeva una riforma dell’area euro ma una sostanziale sopravvivenza della moneta unica. Il secondo, quello B appunto, una rottura ordinata dell’euro e un ritorno alla sovranità monetaria nazionale, alla libertà di creare moneta, di svalutare per favorire le esportazioni, in sintesi un ritorno ad una moneta nazionale come fu la Lira.

 

Ma Savona preferisce davvero la rottura dell'Euro?

In realtà Savona non sarebbe l’ideatore di questo piano di uscita ordinata dell’Italia dall’Euro, anche se ne parlò in alcune occasioni, come una puntata de L’infedele di Gad Lerner del 2012 che sta circolando molto sui social in queste ore. Savona, al minuto 8 di questo video ancora disponibile su Youtube, spiega alle telecamere che un piano per l'uscita ordinata dall'Euro e un ritorno ad una moneta nazionale, come era la Lira, era qualcosa che già l'ex ministro dell'economia Giulio Tremonti aveva preparato, dicendosi sicuro che anche Bankitalia, "conoscendola bene" aveva pronto un piano alternativo all'Euro in caso di emergenza: il famoso Piano B, che però non dice mai di preferire ad una riforma dell'Euro stando dentro l'Euro. 

In articolo sempre su Scenarieconomici.it pubblicato il 27 maggio si ricostruisce la storia del Piano B e della sua relazione con Savona, che oggi si dà per scontata: emerge che nel 2015, durante una conferenza alla Link University di Roma intitolata proprio “Un piano B per l’Italia, Paolo Savona fece solo l’introduzione alla discussione, dove però si concentrò solo sul piano A, quello che spesso ha detto di preferire, ovvero una serie di misure necessarie  “per rendere l’Euro una moneta veramente comune ed unitaria europea”.

Mentre in realtà il Piano B sarebbe stato il frutto del lavoro di un team di economisti non concepito come “una strada da percorrere, ma come un piano di emergenza a fronte di eventi monetari improvvisi e di rottura”. Una sorta di “Lancia di salvataggio” o di “Uscita d’emergenza” economica, spiega l’articolo che ricorda l’evento, “che viene progettata non per un suo normale utilizzo, ma per far fronte ad eventi imprevedibili ed indesiderati che, comunque, potrebbero accadere non per nostra volontà”.

 

@arcangeloroc

Agi News