Tag Archive: Paese

Corruzione e guerra civile, così il Libano è diventato un Paese fallito

Secondo molti analisti il Libano è un paese già fallito. Per altri manca molto poco al crack. Certo è che il paese sta subendo una grave e prolungata depressione economica. Secondo l’ultimo rapporto della Banca Mondiale, Bank Lebanon Economic Monitor (Lem), pubblicato a giugno, la crisi economica e finanziaria del Paese dei cedri è tra le peggiori di sempre nella storia, addirittura da metà del 1800. Per alcuni economisti quella libanese rientra nella top 10 dei default finanziari, per altri addirittura nella top 3. “Di fronte a sfide colossali, la persistente inazione politica e l’assenza di un governo pienamente funzionante, continuano ad aggravare condizioni socio-economiche già disastrose e una fragile pace sociale senza un chiaro punto di svolta all’orizzonte”, scrive l’istituto di Washington. 

Il titolo del rapporto della Banca Mondiale non promette nulla di buono: “Lebanon Sinking: To the Top 3”. La pubblicazione presenta i recenti sviluppi economici ed esamina le prospettive del paese con i rischi annessi. Per oltre un anno e mezzo, il Libano ha affrontato sfide differenti: la più grande crisi economica e finanziaria in tempo di pace, la pandemia da Covid-19 e l’esplosione del porto di Beirut, avvenuta il 4 agosto dell’anno scorso.

Come evidenziato dagli osservatori internazionali tutte le risposte politiche ed economiche della autorità libanesi a queste sfide sono state completamente inadeguate e fallimentari. Nel paese non si è mai arrivati a un consenso su iniziative politiche efficaci. L’unità di intenti, invece, si è trovata nella difesa strenua di un sistema economico fallimentare che continua a favorire pochi a danno della maggioranza. A peggiorare la situazione, una prolungata guerra civile che ha aggravato condizioni socio-economiche sempre più disastrose che rischiano di provocare fallimenti nazionali sistemici con effetti regionali e potenzialmente globali.

I numeri della banca Mondiale non lasciano scampo e tratteggiano uno scenario con moltissime ombre. L’istituto stima che nel 2020 il Pil si sia contratto del 20,3%, dopo un calo del 6,7% nel 2019. Di fatto, il Pil libanese è precipitato dai quasi 55 miliardi di dollari nel 2018 a circa 33 miliardi di dollari nel 2020, mentre il prodotto pro capite è sceso di circa il 40%. Una contrazione così forte, normalmente, è associata, spiega la Banca Mondiale, a conflitti o guerre. “Le condizioni monetarie e finanziarie rimangono altamente volatili; nel contesto di un sistema di tassi di cambio multipli”.

Il cambio medio si è deprezzato del 129% nel 2020. L’effetto sui prezzi si è tradotto in un’impennata dell’inflazione, con una media dell’84,3% nel 2020. Soggetto a un’incertezza eccezionalmente alta, si prevede che il Pil si contrarrà di un ulteriore 9,5% anche quest’anno.

Il Libano affronta un pericoloso esaurimento delle risorse, compreso il capitale umano, e la manodopera altamente qualificata è sempre più propensa a cogliere opportunità all’estero, creando una perdita sociale ed economica permanente per il paese”, ha detto Saroj Kumar Jha, direttore regionale del Mashreq della Banca Mondiale. “Solo un governo riformista, che intraprenda un percorso credibile di ripresa economica e finanziaria, e che lavori a stretto contatto con tutte le parti interessate, può invertire la rotta di un’ulteriore caduta e prevenire una maggiore frammentazione nazionale”.

Le condizioni del settore finanziario continuano a deteriorarsi. L’onere dell’aggiustamento in corso nel settore finanziario è altamente regressivo, concentrato sui depositanti più piccoli, sulla maggior parte della forza lavoro e sulle pmi.  Più della metà della popolazione è al di sotto della soglia di povertà nazionale, con la maggior parte della forza lavoro – pagata in lire – che soffre per il crollo del potere d’acquisto. Con il tasso di disoccupazione in aumento, una quota crescente di famiglie sta affrontando difficoltà di accesso ai servizi di base, compresa l’assistenza sanitaria in questo periodo più importante che mai.

L’istituto di Washington sottolinea anche l’impatto delle crisi su quattro servizi pubblici di base: elettricità, approvvigionamento idrico, servizi igienici e istruzione. La depressione ha ulteriormente minato i già deboli servizi pubblici attraverso due effetti: ha aumentato significativamente i tassi di povertà, con un numero maggiore di famiglie che non possono permettersi beni sostitutivi privati, diventando così più dipendenti dai servizi pubblici. Pone a forte rischio la sostenibilità finanziaria e l’operatività di base del settore, aumentandone i costi e riducendone le entrate.

La fornitura di servizi pubblici essenziali è fondamentale per il benessere dei cittadini. Il forte deterioramento dei servizi di base continuerà a creare implicazioni nel lungo termine: migrazione di massa, perdita di apprendimento, cattivi servizi sanitari, mancanza di reti di sicurezza adeguate. Il danno permanente al capitale umano, evidenzia la Banca Mondiale, sarebbe molto difficile da recuperare. E forse proprio questa dimensione della crisi libanese la rende unica rispetto ad altre

I motivi del crollo di un paese che un tempo era noto come la Svizzera del Medio Oriente sono molteplici. La corruzione ha reso impossibile, dopo la guerra civile durata dal 1975 al 1990, una ripresa forte anche perché la forza del paese era il capitale umano, ormai allo stremo, e i servizi. Alcuni economisti hanno parlato del sistema finanziario del Libano come di uno schema Ponzi regolato a livello nazionale, dove si prende in prestito nuovo denaro per pagare i creditori esistenti. Funziona fino a quando il denaro fresco non si esaurisce.

Dopo la guerra civile, il Libano ha provato a mettere a posto i conti pubblici, con il turismo, gli aiuti stranieri, l’industria finanziaria e la generosità degli stati arabi del Golfo, che hanno finanziato lo stato sostenendo le riserve della banca centrale di Beirut. Altra fonte affidabile di dollari erano le rimesse dei milioni di libanesi che andavano all’estero a lavorare. Anche durante il crollo finanziario globale del 2008, i flussi nelle banche libanesi sono proseguiti. Le rimesse hanno iniziato a rallentare a partire dal 2011, con il deterioramento politico dell’area e con la caduta nel caos della vicina Siria. Gli stati musulmani sunniti del Golfo si sono allontanati a causa della crescente influenza nel paese dell’Iran, attraverso Hezbollah, il gruppo sciita libanese armato il cui potere politico è cresciuto notevolmente.

Il deficit di bilancio è salito alle stelle e la bilancia dei pagamenti è sprofondata ancora di più. Questo fino al 2016, quando le banche hanno iniziato a offrire tassi di interesse più alti per i nuovi depositi in dollari, una valuta ufficialmente accettata nell’economia. Il tutto mentre in altre parti del mondo i tassi andavano verso lo zero. I dollari hanno ripreso a scorrere e le banche a finanziare la spesa sempre maggiore. Ma i tassi di interesse alti vanno pagati. E ora il conto è stato servito.


Corruzione e guerra civile, così il Libano è diventato un Paese fallito

Draghi: il Recovery Plan è la sfida per un Paese più moderno

AGI – Il governo stima che nel 2026, anno di conclusione del Recovery plan, “il prodotto interno lordo sarà del 3,6 per cento più alto rispetto all’andamento tendenziale e l’occupazione di quasi 3 punti percentuali”. È quanto si legge nella premessa alla bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza a firma di Mario Draghi, pubblicata da Il Foglio.  

Gli investimenti previsti nel Piano, sottolinea Draghi nella premessa del testo ancora non definitivo, “porteranno inoltre a miglioramenti marcati negli indicatori che misurano la povertà, le disuguaglianze di reddito e l’inclusione di genere, e un marcato calo del tasso di disoccupazione giovanile. Il programma di riforme potrà ulteriormente accrescere questi impatti”. 

Il 40 per cento circa delle risorse del Piano sono destinate al Mezzogiorno, a testimonianza dell’attenzione al tema del riequilibrio territoriale”, afferma ancora Draghi. Il Piano, si legge ancora, “è in piena coerenza con i sei pilastri del Next Generation Eu e soddisfa i parametri fissati dai regolamenti europei, con una quota di progetti ‘verdi’ pari al 38 per cento del totale e di progetti digitali del 25 per cento”.

“La supervisione politica del Piano è affidata a un comitato istituito presso la Presidenza del Consiglio a cui partecipano i ministri competenti”, specifica ancora la bozza. “Il governo ha predisposto uno schema di governance del Piano – si legge nel testo – che prevede una struttura di coordinamento centrale presso il ministero dell’Economia. Questa struttura supervisiona l’attuazione del piano ed è responsabile dell’invio delle richieste di pagamento alla Commissione europea, invio che è subordinato al raggiungimento degli obiettivi previsti”.

Questa struttura di coordinamento è affiancata da “una struttura di valutazione e una struttura di controllo. Le amministrazioni sono invece responsabili dei singoli investimenti e delle singole riforme e inviano i loro rendiconti alla struttura di coordinamento centrale. Il governo costituirà anche delle task force locali che possano aiutare le amministrazioni territoriali a migliorare la loro capacità di investimento e a semplificare le procedure”. 

“L’Italia deve combinare immaginazione e creatività a capacità progettuale e concretezza. Il governo vuole vincere questa sfida e consegnare alle prossime generazioni un Paese più moderno, all’interno di un’Europa più forte e solidale”, dice ancora il presidente del Consiglio.  

Il minor incremento del Pil rispetto agli altri Paesi europei registrato negli ultimi vent’anni e il “deludente” andamento della produttività sono “problemi che rischiano di condannare l’Italia a un futuro di bassa crescita da cui sarà sempre più difficile uscire. La storia economica recente dimostra, tuttavia, che l’Italia non è necessariamente destinata al declino“, si legge ancora nella bozza, che ricorda: “Nel secondo Dopoguerra, durante il miracolo economico il nostro paese ha registrato tassi di crescita del pil e della produttività tra i più alti d’Europa. 

“Il Pnrr – sottolinea ancora il premier – è parte di una più ampia e ambiziosa strategia per l’ammodernamento del Paese. Il governo intende aggiornare e perfezionare le strategie nazionali in tema di sviluppo e mobilità sostenibile; ambiente e clima; idrogeno; automotive; filiera della salute”. 

Presso la Presidenza del Consiglio, si afferma nella bozza, “viene costituito un apposito Ufficio per la razionalizzazione e semplificazione delle leggi e dei regolamenti, per permettere una continuità di proposte e di interventi nel processo di semplificazione normativa”. Più in generale, sottolinea Draghi, “la riforma finalizzata alla realizzazione e semplificazione della legislazione abroga o modifica leggi e regolamenti che ostacolano eccessivamente la vita quotidiana dei cittadini, le imprese e la Pubblica amministrazione”. Questa riforma “interviene sulle leggi in materia di pubbliche amministrazioni e di contratti pubblici, sulle norme che sono di ostacolo alla concorrenza, sulle regole che hanno facilitato frodi o episodi corruttivi. E’ potenziato il Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio”. 


Draghi: il Recovery Plan è la sfida per un Paese più moderno

Così il Covid ha aggravato i problemi strutturali del nostro Paese

AGI – Molti degli attuali problemi strutturali dell’Italia, “sono stati aggravati dalla crisi Covid-19”. È quanto si legge nel nel rapporto dell’Ocse ‘Going for Growth 2021’, nel quale si evidenzia che ora “la priorità fondamentale per la ripresa è migliorare l’efficacia della pubblica amministrazione“, specie per quanto riguarda la “governance degli investimenti pubblici e un migliore coordinamento e attuazione tra i diversi livelli di governo”, e anche per “un utilizzo efficace dei fondi disponibili dallo strumento europeo di ripresa e resilienza (Rrf) e per realizzare i vantaggi delle riforme strutturali”.

Nel suo rapporto l’Ocse mette in evidenza che in Italia molti problemi strutturali, che vanno ancora indirizzati, erano preesistenti alla crisi pandemica. Più nel dettaglio, l’Ocse ricorda che il Pil pro capite degli italiani è inferiore del 26% a quello dei 18 Paesi Ocse più ricchi e che la produttività nel nostro paese è inferiore del 17% rispetto ai migliori risultati dell’Ocse.

Per quanto invece riguarda il tasso di disoccupazione l’organizzazione di Parigi ricorda che esso “è basso ma stava lentamente aumentando prima della crisi del 2020” e che la “diseguaglianza è più alta che nelle altre economie avanzata“.

Secondo l’Ocse in Italia il 20% delle famiglie più povere guadagna il 6,6% del reddito totale. Sul fronte dell’ambiente l’Ocse segnala che il Italia i tre quarti della popolazione “è esposto a livelli dannosi di inquinamento”, anche se le emissioni di gas a effetto serra “sono scese negli ultimi anni”.

“La crisi rischia di aggravare i tassi di occupazione già bassi e di aumentare ulteriormente la disuguaglianza, in particolare nel contesto di scarse competenze e livelli di apprendimento permanente”.  

“Un’efficace fornitura di servizi di istruzione, impiego pubblico e attivazione del mercato del lavoro può aiutare a mitigare le discrepanze nelle competenze e nella ricerca di lavoro, in particolare per i giovani e altri lavoratori vulnerabili”.

“Ciò – aggiunge l’Ocse – richiede il superamento degli ostacoli al coordinamento tra vari livelli e agenzie di governo e la considerazione delle priorità di finanziamento. Allo stesso tempo, la riduzione della complessità del sistema fiscale, l’ampliamento della sua base e gli sforzi continui per migliorare l’amministrazione fiscale migliorerebbero l’efficienza e l’equità della struttura fiscale per sostenere meglio l’occupazione e la crescita”.

Più nel dettaglio, l’Ocse raccomanda di migliorare “la progettazione e l’adozione dei corsi di apprendimento permanente”, di “aumentare la rilevanza della formazione professionale e di altro tipo per le imprese, anche in ambito Stem e digitale, e definire e applicare standard di qualità”.

E ancora di “migliorare i programmi di ricerca e formazione del lavoro e applicare livelli minimi di servizi in tutto il paese, guidati dall’Anpal, attraverso l’aumento del rapporto tra persone in cerca di lavoro e la specializzazione dei consulenti”, di “sostenere un maggiore accesso allo sviluppo della prima infanzia e all’assistenza all’infanzia per i bambini da 0 a 3 anni” e di “garantire che la protezione sociale sostenga l’ingresso dei beneficiari nel mercato del lavoro e l’accesso al reddito da lavoro”.


Così il Covid ha aggravato i problemi strutturali del nostro Paese

Manovra, Di Maio: in Francia deficit al 2,8% e siamo anche noi un Paese sovrano

"In Italia come in Francia": il vicepremier e Ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio, è tornato a evocare la possibilità che l'Italia superi il 2% di deficit con la legge di bilancio, prendendo spunto dall'annuncio di Parigi che prevede un ampio sforamento per finanziare il taglio delle tasse. Di Maio ha ricordato che "la Francia per finanziare la sua manovra economica farà un deficit del 2,8%. Siamo un Paese sovrano esattamente come la Francia. I soldi ci sono e si possono finalmente spendere a favore dei cittadini".

Agi News

Boccia: abbiamo un governo in fase adolescenziale che non fa gli interessi del Paese

Il governo Lega- M5s "si trova ancora in una fase adolescenziale, speriamo che cresca". Lo ha detto il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, intervistato alla convention di Forza Italia a Fiuggi. Una fase in cui, ha argomentato, "non c'è pazienza e si vuole tutto e subito, ma così non si fanno gli interessi del Paese". Boccia torna quindi a criticare il reddito di cittadinanza: "il Mezzogiorno d'Italia non ha bisogno del reddito di cittadinanza e di politiche assistenzialistiche ma di lavoro e di un piano infrastrutturale che lo colleghi al suo interno e all'Europa. "E' un'analisi riduttiva collegare il reddito cittadinanza al Sud. Il Sud è lo specchio del Paese e ha bisogno di grande attenzione al lavoro e all'occupazione". Il confronto con la politica "è un valore, ma quello che prevale oggi mi sembra piuttosto un'idea punitiva", ha poi aggiunto Boccia. "Se uno dice 'A me non me ne frega dello spread, tanto il popolo è con me', deve stare attento perché quando lo spread aumenta, aumentano i mutui casa e il costo del debito aumenta. E allora il popolo s'incazza". "Il confronto politico va accettato e non si deve attaccare con una legge contro chiunque non è d’accordo". Il ministro di un governo "deve tutelare gli interessi del Paese e non i suoi elettori. Altrimenti meglio che faccia il segretario di partito". 

Agi News

Gentiloni: Paese accelera e dobbiamo accelerare ancora

"L'economia italiana accelera e lo fa per merito delle famiglia, delle imprese e dei lavoratori". Così il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, commenta i dati diffusi oggi dall'Istat. 

"I governi – ha aggiunto – hanno cercato di incoraggiare questa spinta ma se la crescita è dell'1,8% quando le previsioni erano pochi mesi fa dello 0,8%, questo è perché il sistema si è rimesso in moto. Di questo dobbiamo essere orgogliosi". Ora "non dobbiamo dilapidare questi risultati ma insistere e accelerare ancora lungo questa strada. Il governo – ha assicurato infine – farà la sua parte e una parte rilevante della manovra è il pacchetto impresa 4.0". 

Agi News

Dalla birra di Manila all’iPhone turco, Paese che vai prezzo che trovi

Milano è la città più cara al mondo dove passare un fine settimana ma se si vuole organizzare un appuntamento romantico con una cena a due è più costoso andare Zurigo con una media di 73 dollari, contro i 38,6 milanesi. L'idea è affittare un appartamento? Meglio stare alla larga da quelli di San Francisco dove una casa con due camere da letto costa in media 3.449 dollari.

In generale, le città americane stanno diventando più costose ma se si vuole acquistare un prodotto dei brand globali è proprio negli Usa che sono meno costosi rispetto ad altri mercati. Sigarette e birra, invece, costano di più in Australia, Nuova Zelanda e Singapore.

Lo studio sui prezzi globali

Questo tour attravrso i prezzi che si incontrano in 47 città di diversi Paesi del mondo lo 'offre' Deutsche Bank nel suo sesto studio sui costi globali. Uniformando i prezzi in dollari, la ricerca prende in analisi diversi fattori: dal salario medio al costo di una cena, dal prezzo del gasolio a litro all'affitto medio mensile di un appartamento con due camere, fino all'inquinamento e all'assistenza sanitaria. Prendendo in esame i fattori citati, insieme ad altri indici come quelli della criminalità e del potere d'acquisto.

Paese che vai prezzi che trovi

Dove costa di più acquistare un Iphone 7? In Turchia dove il prezzo imposto da Apple è di 1.200 dollari. Si risparmia molto se, invece, si acquista negli Stati Uniti o in Giappone dove con 815 usd si può portare a casa l'ultimo modello di smartphone marchiato con la mela.

Se invece si è a Oslo è bene sapere che due lattine di Coca-Cola costano più che nelle altre città, ben 3,94 dollari. A Kuala Lumpur, invece, le più economiche; si acquistano con soli 0,95 dollari.

Serata al pub con gli amici? A Oslo una pinta di birra costa 9,9 dollari, la più cara delle città prese in esame. Per risparmiare bisognerebbe volare a Manila dove con soli 2,3 dollari ci si può gustare 500ml di birra ghiacciata.

Le scarpe da ginnastica più care si vendono a Copenaghen a 131,3 dollari, in Italia (che si piazza al 20esimo posto in classifica) un paio di scarpe sportive di marca costa in media 98,6 dollari, le più economiche si acquistano, invece, a Mumbai (57,3 dollari).

Restando in tema di sport, un mese di abbonamento in palestra è più caro a Tokyo (129 dollari), metre a Johannesburg (Sud Africa) costa solo 33,6 Usd.

A Londra i mezzi pubblici funzionano bene ma sono decisamente i più cari; un abbonamento mensile costa 174 dollari, a Mumbai si può usufruire del ticket per 30 giorni al costo di 14,6 dollari americani. Invece dei mezzi pubblici si preferisce andare in macchina? Attenzione a fare rifornimento a Hong Kong dove un litro di gasolio costa 1,91 dollari, mentre il carburante è più conveniente si trova a Kuala Lumpur dove un litro di gasolio costa solo 0,47 Usd.

L'Australia e la Nuova Zelanda sono i Paesi che hanno i prezzi più alti per le sigarette: a Melbourne un pacchetto costa 20,7 dollari, segue Sydney (19,2 usd), Auckaland (16,3) e Wellington (15,7 dollari).

Si vive meglio dall'altra parte del mondo

Nella classifica delle città dove si vive meglio stilata dalla Deutsche Bank sono stati presi in esame una serie di parametri. Per la precisione si tratta di 8 variabili:

  1. Potere d'acquisto
  2. sicurezza
  3. sanità
  4. costo della vita
  5. i prezzi delle abitazioni
  6. pendolarismo
  7. inquinamento
  8. clima

Secondo questi parametri, Wellington, in Nuova Zelanda, è la città dove la qualità della vita è più alta, seguita da Edimburgo, Vienna, Melbourne, Zurigo e Copenaghen. Le metropoli come Tokyo (27), NYC (28), Parigi (30), Londra (33),Shanghai (37) e Mumbai (45) sono molto basse in classifica. La colpa? Soprattutto degli elevati costi di vita, crimine, inquinamento e il pendolarismo. Milano si piazza al 29esimo posto.

La top 10 delle città dove si vive meglio

  1. Wellington (Nuova Zelanda)
  2. Edimburgo (Regno Unito)
  3. Vienna (Australia)
  4. Melbourne (Australia)
  5. Zurigo (Svizzera)
  6. Copenhagen (Danimarca)
  7. Ottawa (Canada)
  8. Boston (Usa)
  9. Amsterdam (Paesi Bassi)
  10. Sydney (Australia)

Milan l'è semper un gran (e caro) Milan

Stando alla classifica di Deutsche Bank, Milano è la città più cara al mondo dove trascorrere un weekend, dato che si accompagna con il costo medio più alto per un albergo a 5 stelle (716 dollari). Nel capoluogo lombardo il costo medio di un weekend è pari a 2.092 dollari, seguono Copenaghen, Zurigo, Londra, Stoccolma, Vienna e New York. La città meno cara dove trascorrere il weekend? Istanbul, in Turchia.

  1. Milano (Italia) 2.092 dollari
  2. Copenhagen (Danimarca) 2.006 dollari
  3. Zurigo (Svizzera) 1.926 dollari
  4. Londra (Regno Unito) 1.920 dollari
  5. Stoccolma (Svezia) 1.803 dollari
  6. Vienna (Austria) 1.703 dollari
  7. New York (Usa) 1.664 dollari
  8. Amsterdam (Paesi Bassi) 1.652 dollari
  9. Edimburgo (Regno Unito) 1.649 dollari
  10. Oslo (Norvegia) 1.625 dollari

Agi News

Agricoltura: Crea, giovani ricercatori forza Paese

(AGI) – Roma, 10 mar. – Per il secondo anno consecutivo una giovane ricercatrice del CREA, Elena Gagnarli, si aggiudica il diploma di eccellenza scientifica del Premio Internazionale Brunello Di Montalcino Case Basse Soldera per giovani ricercatori under 35. Il premio e’ frutto del riconoscimento dell’alto valore scientifico dell’indagine svolta, soprattutto nell’ottica di una gestione sostenibile del vigneto, del territorio e delle loro funzioni ecosistemiche.
“Sono onorata – ha dichiarato Elena Gagnarli – del riconoscimento ottenuto per il lavoro che in questi anni abbiamo compiuto come gruppo di Acarologia al CREA di Firenze. Si tratta, infatti, di un approccio globale per la valorizzazione delle risorse offerte dalla natura a tutto vantaggio dell’uomo e dell’ambiente”.
Partendo dall’analisi dei vigneti dell’areale di Montalcino, e’ stato effettuato infatti lo studio dei servizi ecosistemici dei microartropodi su pianta e nel suolo con campionamenti effettuati per diversi mesi dell’anno, anche di notte. Su pianta, e’ emerso che gli acari predatori, antagonisti naturali di fitofagi/parassiti delle piante, hanno un’elevata attivita’ notturna garantendo una predazione ‘h24′, implementando cosi’ le strategie per il controllo biologico e limitando la loro esposizione ad eventuali trattamenti diurni. Dalle indagini sulle comunita’ dei microartropodi del suolo e’ emersa nell’insieme una gestione sostenibile del territorio grazie anche alla complessita’ del paesaggio e all’adozione di pratiche agronomiche conservative.
Tali studi, in corso da un decennio, sono stati condotti dal gruppo di Acarologia della sede di Firenze del CREA, coordinato da Sauro Simoni.
“Quella di oggi – ha commentato Salvatore Parlato, Commissario Straordinario del CREA – e’ l’ennesima testimonianza della qualita’ e professionalita’ dei nostri giovani ricercatori, che nel nostro Paese lavorano spesso come precari dal futuro ancora troppo incerto. Rappresentano un patrimonio di competenze da valorizzare e non disperdere e di cui la ricerca non puo’ assolutamente fare a meno”.(AGI)
Bru

Agi News