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Nel 2022 il Pil italiano cresciuto oltre le stime del Governo

AGI – Nel 2022 il Pil italiano è cresciuto del 3,9%, mentre il Governo prevedeva nella Nadef il 3,7%. La notizia arriva dall’Istat che segnala anche che per quest’anno la crescita acquisita è dello 0,4%. Mentre nel quarto trimestre la stima è -0,1%, ma arriva a +1,7% su base annuale. 

Dopo sette trimestri consecutivi di crescita, l’economia italiana registra una lieve flessione congiunturale, mentre dal lato tendenziale continua, a ritmi meno sostenuti rispetto ai trimestri precedenti, il suo sviluppo. La stima preliminare che ha, come sempre, natura provvisoria, riflette dal lato dell’offerta una contrazione dei settori dell’agricoltura e dell’industria, e una lieve crescita nel comparto dei servizi.

Buone notizie sul fronte del lavoro a dicembre gli occupati sono 37mila in più, e nel 2022 sono +334. La disoccupazione resta stabile al 8,8%. 

Anche il Fondo Monetario Internazionale migliora le stime di crescita per l’Italia e rivede il Pil a +0,6 nel 2023 e a +0,9% nel 2024. 


Nel 2022 il Pil italiano cresciuto oltre le stime del Governo

La tempesta a Wall Street è costata oltre 480 miliardi ai super ricchi della tecnologia

AGI – I venti miliardari della tecnologia più ricchi del mondo hanno perso tutti insieme quest’anno, a giovedì scorso, più di 480 miliardi di dollari, a causa della caduta del mercato azionario. È quanto risulta dal Bloomberg Billionaires Index, la classifica quotidiana delle persone più ricche del mondo:in cui figurano, in ordine di miliardi, i tecno magnati Elon Musk, Jeff Bezos, Bill Gates, Larry Ellison, Sergey Brin, Steve Ballmer, e fuori dalla top ten, anche Mark Zuckerberg.

I deludenti rapporti sugli utili di una sfilza di giganti della tecnologia di questo mese hanno alimentato i timori di recessione, spinto i prezzi delle azioni al ribasso e pesato sulle fortune delle persone più ricche del mondo.

Non tutti piangono (si fa per dire) però. La ricchezza di Zhang Yiming, il fondatore di ByteDance, la società madre di TikTok, è cresciuta di 10,4 miliardi: ora si attesta su 54,9 miliardi di dollari, è ventiduesimo in classifica. Robert Pera, il fondatore del produttore di apparecchiature wireless Ubiquiti e proprietario dei Memphis Grizzlies della NBA, ha visto la sua ricchezza aumentare di 1,3 miliardi, dandogli un patrimonio netto di 14,7 miliardi.

Secondo Oxfam International, le perdite per molti dei più grandi magnati della tecnologia del mondo sono arrivate dopo che la ricchezza collettiva dei miliardari è cresciuta di più durante i primi due anni della pandemia di Covid-19 che tra il 1987 e il 2010. Nei primi mesi della pandemia, sempre secondo Oxfam, ogni 30 ore veniva creato un nuovo miliardario.

Giovedì il patrimonio netto di Mark Zuckerberg è crollato di 11,2 miliardi di dollari. Le azioni di Meta, la sua società, hanno perso un quarto del loro valore dopo la diffusione della trimestrale. Le entrate della società sono rallentate per il secondo trimestre consecutivo e le perdite legate al Metaverso, la sua grande scommessa, sono aumentate.

Finora quest’anno, la ricchezza dell’amministratore delegato di Meta è diminuita di oltre 87 miliardi di dollari. A oggi il suo patrimonio netto è di 37,7 miliardi: secondo la classifica di Bloomberg è la ventottesima persona più ricca del mondo. Era tra i primi dieci all’inizio dell’anno.

Elon Musk , la persona più ricca del mondo, e Jeff Bezos , il fondatore di Amazon, hanno visto ciascuno oltre 58 miliardi di dollari di ricchezza spazzati via quest’anno. In passato entrambi si sono contesi il primato di persona più ricca del mondo.  Poi Musk ha preso il largo ed è stabilmente al primo posto con un patrimonio di 212 miliardi. Segue Bezos con 134 miliardi. Venerdì scorso le azioni di Amazon sono scese del 7%: Wall Street è rimasta delusa dalle previsioni di vendita della società per il trimestre in corso, che non sono state all’altezza delle aspettative degli analisti. 

Anche i co-fondatori di Google, Larry Page e Sergey Brin, che sono tra le 10 persone più ricche del mondo, hanno accusato un colpo al loro patrimonio netto. Ognuno di loro ha perso più di 40 miliardi di dollari quest’anno: questa settimana Alphabet ha riportato il primo calo in assoluto nelle vendite pubblicitarie su YouTube.

Fuori degli Stati Uniti Jack Ma ha fatto del suo ecommerce Alibaba uno dei più grandi imperi commerciali della Cina. Ma quest’anno ha perso 9,3 miliardi dollari e, secondo l’indice, ha un patrimonio netto di 29,1 miliardi: è in trentasettesima posizione.

MacKenzie Scott, che ha costruito la sua fortuna creando Amazon con il suo ex marito, Jeff  Bezos, ha perso più di 31 miliardi di dollari. Giovedì era l’unica donna tra i primi 20 magnati della tecnologia più ricchi. È scesa al 45° posto nel giro di due giorni.


La tempesta a Wall Street è costata oltre 480 miliardi ai super ricchi della tecnologia

Ripresa post-Covid oltre attese ma pesa inflazione

 

AGI – La ripresa delle imprese italiane dopo la crisi scatenata dalle pandemia di Covid-19 si è dimostrata più forte delle attese, ma ora pesano le incertezze legate al balzo dell’inflazione. Il dato emerge dalla nuova edizione dei “Dati Cumulativi”, indagine annuale curata da Mediobanca sulle società industriali e terziarie italiane di grande e media dimensione analizzate nel decennio 2012-2021. In particolare, sono esaminate le 2.145 società italiane che rappresentano il 47% del fatturato industriale e di quello manifatturiero, il 36% di quello dei trasporti e il 41% della distribuzione al dettaglio.

Ripresa post-covid oltre attese, ma pesano le incertezze

All’eccezionalità della crisi pandemica del 2020 (-12,3% il fatturato), ha fatto seguito nel 2021 un rimbalzo del +25,6%, riveniente sia dalle vendite nazionali (+25,1%) che dall’export (+26,5%). Si tratta di scarti senza pari nella storia postbellica della nostra industria che testimoniano la peculiarità di quanto accaduto, ma anche l’efficacia con cui le autorità monetarie e fiscali hanno gestito lo snodo e la reattività complessiva del nostro sistema produttivo.

Il 2021 posiziona il fatturato delle 2145 società del 10,1% sopra le consistenze del 2019. Le aziende pubbliche, grazie alle attività energetiche (+32,4%) e petrolifere (+15,2%), hanno segnato un recupero (+22,9%) più robusto delle private (+6,6%). Le società industriali hanno registrato una crescita del 13,1%, +9,1% escludendo le energetiche e le petrolifere. La manifattura (+9,3%) conferma le straordinarie capacità del IV capitalismo (+14,3% sul 2019) che doppia i gruppi maggiori (+7,1%). 

Il fermo produttivo pandemico e le limitazioni alla mobilità hanno sortito un impatto differenziato e asimmetrico sui settori produttivi. Anche la successiva ripartenza non ha livellato le disparità. Nel segmento manifatturiero, le performance migliori sono state messe a segno da metallurgia (+35,9% sul 2019), elettrodomestici e apparecchi radio-TV (+32,2%), legno e mobili (+19,8%), chimica (+17,4%) e gomma e cavi (+15,1%).

Per contro, tessile (-8,7%), abbigliamento (-7,7%) e lavorazioni di pelle e cuoio (-2,7%) restano ancora attardati a fine 2021, insieme al comparto dei media: editoria -8,3%, emittenza radiotelevisiva -6,5% e telecomunicazioni -3,1%. Il ritorno sopra il giro d’affari pre-pandemico è stato prevalentemente alimentato dalla domanda domestica: le vendite all’interno dei confini nazionali hanno segnato una crescita del 12,2% sul 2019, quelle destinate oltreconfine del 6,4%.

Gli incentivi fiscali e l’avvio del Pnrr che continuano a interessare edilizia, elettrodomestici e arredo dovrebbero agire in senso favorevole con effetti moltiplicativi anche sul resto dell’economia. Sempre sul fronte delle vendite domestiche, merita menzione la crescita nell’ultimo biennio della grande distribuzione al dettaglio che chiude con un’espansione a perimetro corrente dell’8% sulle vendite del 2019: quella a prevalenza alimentare ha fatto anche meglio, segnando un +9,3%, e trainando in parte il comparto del food.

 La spinta della domanda interna ha concorso al calo dell’incidenza dell’export sul fatturato dal 35,3% del 2019 al 34,2% del 2021. È utile tuttavia segnalare alcuni comparti particolarmente virtuosi anche sul fronte delle vendite oltreconfine tra cui ancora una volta gli elettrodomestici (+32,9%), il metallurgico (+30,1%), il legno e mobili (+21,4%) e la chimica (+14%) oltre a tutte le specialità alimentari (dal +18,4% delle diverse al +8,2% del dolciario).

I risultati delle imprese nel 2021

Il recupero del 2021 si è riflesso anche sui margini di conto economico. Per l’aggregato delle 2145 aziende il valore aggiunto è cresciuto del 3,5% sul 2019, portandosi su valori assoluti che segnano il massimo dell’ultimo decennio, al di sopra del precedente picco segnato proprio nel 2019. Il margine operativo lordo (Mol) è aumentato nel 2021 del 4,1% sul 2019, nonostante il costo del lavoro sia tornato sopra il monte del 2019 in misura pari al 2,9%.

Va segnalato che nel 2020 esso si era ridotto del 4,6% per effetto della Cassa integrazione guadagni nella forma esplicitamente contemplata per la causale Covid-19. Il margine operativo netto (Mon) ha invece flesso nel 2021 dell’1,5% sul 2019, in quanto eroso dai maggiori ammortamenti: quelli materiali sono cresciuti del 7,5%, quelli sugli intangibles del 19,2%, essenzialmente per effetto delle rilevanti rivalutazioni ex lege perfezionate nel 2020. 

La redditività netta del capitale proprio (Roe) nel 2021 ha segnato un valore (6,4%) che, per quanto in ripresa sul 2020 (4,9%), resta inferiore alla media 2015-2019 (7,5%). Osservando il solo perimetro della manifattura, si rileva un ridimensionamento dei livelli di Roe dal 7,8% della media 2015-2019 al 7% del 2021. In considerazione delle tendenze che hanno preso corpo nel 2022, il costo della provvista finanziaria è destinato ad accrescere la propria onerosità negli anni a venire. Il 2021 ha segnato il livello minimo dal 2013 degli oneri finanziari medi: 2,3% contro il 4,4% del 2013. Ipotizzando nel 2022 un incremento dello 0,5% sul costo medio del debito, il maggiore onere per le 2145 imprese sarebbe nell’ordine di 2 miliardi di euro.

Le imprese più avvedute hanno colto in anticipo la prospettiva di un cambio della politica monetaria: ciò spiega l’incremento del 36,5% tra il 2019 e il 2021 delle disponibilità liquide (+26,2 miliardi) per l’aggregato delle 2.145 imprese.

 Il tema più rilevante è senz’altro rappresentato dai costi degli acquisti di beni e servizi sui quali gravano le recenti accelerazioni dell’inflazione. Le 2145 imprese, dopo aver ridotto la forza lavoro nel 2020 di oltre 9.800 unità, sono tornate nel 2021 a espandere la pianta organica di oltre 12.200 addetti (+0,9%). Dal 2012 il numero di dipendenti ha segnato un incremento dell’1,8%, ma non mancano evidenze di contrazione che appaiono circoscritte alle imprese a controllo pubblico (-5,8%), a quelle a controllo estero sia nel loro insieme (-4,2%) che nella sola componente manifatturiera (-5,5%) e ai maggiori gruppi manifatturieri (-2,7%). Hanno contrastato queste tendenze le medie imprese (+14,2%) e quelle medio-grandi (+9,4%).

Manifattura: le sfide del 2022

Le incertezze dell’ultimo biennio hanno suggerito una riorganizzazione della supply chain: il 76,2% delle società manifatturiere ha in agenda l’aumento del numero dei fornitori dando priorità nel 57,4% dei casi a quelli di prossimità. Minore interesse per la riduzione dei fornitori o la loro integrazione (rispettivamente 11,6% e 4,6%). Circa le previsioni per il 2022, è possibile che il ruolo della domanda interna resti rilevante anche nel prossimo futuro poiché, nonostante i venti contrari legati all’inflazione e alla crescita dei tassi di interesse, dovrebbero agire in senso favorevole le misure del PNRR e quelle di agevolazione fiscale, con rilevanti effetti moltiplicativi sul resto dell’economia.

È altrettanto verosimile che, per un’economia a forte vocazione manifatturiera come quella italiana, i settori al momento attardati sul fronte delle esportazioni potranno mettere a segno un sostanziale recupero. Dal quadro sopra evidenziato, il segmento manifatturiero potrebbe chiudere il 2022 con una crescita del fatturato pari al 7,5% (nominale). Rimane tuttavia l’incognita del fragile equilibrio dei margini che potrebbero risultare compromessi dal perdurare delle spinte inflattive legate alla congiuntura. 


Ripresa post-Covid oltre attese ma pesa inflazione

Tesla richiama oltre 500 mila veicoli negli Usa

AGI – Il produttore di auto elettriche Tesla Inc sta richiamando 578.607 veicoli negli Stati Uniti perché i pedoni potrebbero non essere in grado di sentire il suono di avvertimento richiesto per un’auto elettrica in avvicinamento a causa di musica ad alto volume o altri suoni riprodotti dalla funzione Tesla “Boombox”, ha affermato la National Highway Traffic Safety Administration (Nhtsa).

Tesla ha affermato di non essere a conoscenza di incidenti, lesioni o decessi relativi al problema che ha stimolato l’ultimo richiamo. L’azienda fondata da Elon Musk sta richiamando veicoli Model S, Model X, Model Y e Model 3 del 2020-2022 e del 2017-2022 appunto perché la “funzione boombox” consente di riprodurre i suoni attraverso un altoparlante esterno mentre il veicolo è in movimento e ciò potrebbe coprire il necessario suono di allarme avvicinamento dedicato ai pedoni.

Tesla eseguirà un aggiornamento software over-the-air che disabiliterà la funzionalità Boombox quando il veicolo è in modalità Drive, Neutral e Reverse. I veicoli elettrici sono spesso piu’ difficili da sentire a velocità inferiori rispetto ai motori a benzina.

Secondo le regole imposte dal Congresso, le case automobilistiche devono aggiungere suoni ai veicoli elettrici quando si muovono a velocità fino a 18,6 miglia orarie (30 chilometri orari) per aiutare a prevenire lesioni ai pedoni, ciclisti e non vedenti.  


Tesla richiama oltre 500 mila veicoli negli Usa

Effetto Covid sui conti dell’Eurozona, debito per la prima volta oltre 100%

AGI – Alla fine del primo trimestre del 2021, ancora fortemente influenzato dalle misure politiche volte a mitigare l’impatto economico e sociale della pandemia di coronavirus e dalle misure di stimolo, il rapporto tra debito pubblico e Pil nell’eurozona ha superato per la prima volta il 100%: il rapporto si è attestato al 100,5% rispetto al 97,8% alla fine del quarto trimestre del 2020.     

Nell’Ue, il rapporto è passato dal 90,5% al ​​92,9%. Rispetto al primo trimestre del 2020, il rapporto tra debito pubblico e Pil è aumentato sia nell’area dell’euro (dall’86,1% al 100,5%) sia nell’Ue (dal 79,2% al 92,9%). È quanto risulta dai dati pubblicati dall’Eurostat. 

I rapporti più elevati tra debito pubblico e Pil alla fine del primo trimestre del 2021 sono stati registrati in Grecia (209,3%), Italia (160%), Portogallo (137,2%), Cipro (125,7%), Spagna (125,2%), Belgio (118,6%) e Francia (118,0%) e il più basso in Estonia (18,5%), Bulgaria (25,1%) e Lussemburgo (28,1%).     Rispetto al quarto trimestre del 2020, 23 Stati membri hanno registrato un aumento del loro rapporto debito pubblico/Pil alla fine del primo trimestre del 2021, altri due hanno mostrato una diminuzione, mentre è rimasto invariato in Slovacchia e Bulgaria. Gli aumenti più forti del rapporto sono stati osservati a Cipro (+6,5 punti percentuali), Repubblica Ceca (+6,3 pp), Spagna (+5,3 pp), Slovenia (+5,2 pp), Belgio (+4,4 pp), Malta e Italia (+4,2% ciascuno).

Nel primo trimestre del 2021, il rapporto tra deficit e Pil si è attestato al 7,4% nell’eurozona e al 6,8% nell’Ue, in calo ma comunque a un livello elevato. E’ quanto riporta l’Eurostat.     Nel primo trimestre del 2021, la maggior parte degli Stati membri ha continuato a registrare un disavanzo pubblico.


Effetto Covid sui conti dell’Eurozona, debito per la prima volta oltre 100%

Nell’anno del Covid il numero delle famiglie povere in Italia è salito a oltre due milioni 

AGI – Torna a cresce la povertà assoluta in Italia. Nel 2020, sono in condizione di povertà assoluta poco più di due milioni di famiglie, il 7,7% del totale, dal 6,4% del 2019, e oltre 5,6 milioni di individui (9,4% da 7,7%). Lo rileva l’Istat.

Il valore dell’intensità della povertà assoluta – che misura in termini percentuali quanto la spesa mensile delle famiglie povere è in media al di sotto della linea di povertà (cioè “quanto poveri sono i poveri”) – registra una riduzione (dal 20,3% al 18,7%) in tutte le ripartizioni geografiche.

Tale dinamica è frutto anche delle misure messe in campo a sostegno dei cittadini (reddito di cittadinanza, reddito di emergenza, estensione della Cassa integrazione guadagni, ecc.) che hanno consentito alle famiglie in difficoltà economica – sia quelle scivolate sotto la soglia di povertà nel 2020, sia quelle che erano già povere – di mantenere una spesa per consumi non molto distante dalla soglia di povertà.

Nel 2020, l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (9,4%, da 8,6%), ma la crescita più ampia si registra nel Nord dove la povertà familiare sale al 7,6% dal 5,8% del 2019.

Tale dinamica fa sì che, se nel 2019 le famiglie povere del nostro Paese erano distribuite quasi in egual misura al Nord (43,4%) e nel Mezzogiorno (42,2%), nel 2020 arrivano al 47% al Nord contro il 38,6% del Mezzogiorno, con una differenza in valore assoluto di 167mila famiglie.

Dopo il miglioramento del 2019 quindi, nell’anno della pandemia la povertà assoluta aumenta raggiungendo il livello più elevato dal 2005 (inizio delle serie storiche). Nel 2020, inoltre, la povertà assoluta in Italia colpisce 1,33 milioni di minori (il 13,5% rispetto al 9,4% degli individui a livello nazionale). L’incidenza varia dal 9,5% del Centro al 14,5% del Mezzogiorno.  Rispetto al 2019 le condizioni dei minori peggiorano a livello nazionale (da 11,4% a 13,5%) e in particolare al Nord (da 10,7% a 14,4%) e nel Centro (da 7,2% a 9,5%).

Disaggregando per età, l’incidenza si conferma più elevata nelle classi 7-13 anni (14,2%) e 14-17 anni (13,9%, in aumento) rispetto alle classi 4-6 anni (12,8%) e 0-3 anni (12,0%, in crescita rispetto al 2019). Le famiglie con minori in povertà assoluta sono oltre 767mila, con un’incidenza dell’11,9% (9,7% nel 2019).

La maggiore criticità di queste famiglie emerge anche in termini di intensità della povertà, con un valore pari al 21% contro il 18,7% del dato generale. Oltre a essere più spesso povere, le famiglie con minori sono anche in condizioni di disagio più marcato. Infine, quasi la metà delle famiglie povere vive in una casa in affitto.


Nell’anno del Covid il numero delle famiglie povere in Italia è salito a oltre due milioni 

A maggio l’inflazione Usa è stata oltre le attese

AGI – Corre l’inflazione negli Stati Uniti oltre le attese: a maggio su base annuale ha registrato un rialzo del 5%, contro il 4,2% precedente, e oltre le attese del 4,7%. Si tratta dell’aumento più sostenuto da agosto 2008. Su base mensile è cresciuta dello 0,6%, contro lo 0,4% stimato e lo 0,8% di aprile. L’inflazione ‘core’ è salita dello 0,7% contro lo 0,4% previsto. 


A maggio l’inflazione Usa è stata oltre le attese

Il lockdown ha fatto crollare il traffico aereo, nel 2020 passeggeri in calo di oltre il 70% in Italia

AGI – Sono stati 52.759.724 i passeggeri transitati negli aeroporti italiani nel 2020, tra traffico nazionale e internazionale, con un decremento rispetto al 2019 del -72,5%. Lo rende noto l’Enac.

Il traffico nazionale, con i suoi 25 milioni di passeggeri ha registrato una diminuzione più moderata, -61,1%, rispetto al traffico internazionale, -78,3%, con un totale di circa 27.700.000 passeggeri.

L’aeroporto di Roma Fiumicino si conferma al primo posto per numero di passeggeri, seguito da Milano Malpensa che, invece, è risultato in prima posizione per il trasporto cargo.

La graduatoria complessiva dei collegamenti nazionali e internazionali di linea e charter vede al primo posto la compagnia Ryanair, seguita da Alitalia e da EasyJet Europe. Alitalia, invece, si consolida come prima compagnia per il traffico nazionale.

“Tornare a viaggiare in piena sicurezza – commenta il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Enrico Giovannini, ha dichiarato: non è solo un auspicio, ma un obiettivo di ripresa verso il quale devono convergere tutte le categorie interessate. La crisi pandemica ha reso evidente la fragilità del nostro sistema economico e in particolare quei settori in cui la ripresa è legata all’aumento della mobilità, messa in crisi dalle restrizioni sanitarie”.

“L’auspicio è che campagna vaccinale e comportamenti responsabili possano comportare una ripresa degli spostamenti in aereo e dei flussi turistici in vista della stagione estiva. Il governo è al lavoro non solo per riportare i settori colpiti dalla crisi alla normale attività ma per individuare, attraverso l’analisi dei possibili scenari, soluzioni in grado di produrre tassi di crescita elevati e sostenibili nel lungo periodo per rendere il Paese resiliente”, conclude Giovannini.

“Una diminuzione media del –72,5% di traffico aereo con punte di oltre il -90% in alcuni momenti dell’anno – evidenzia il direttore generale dell’Enac Alessio Quaranta – è un fenomeno mai registrato nell’aviazione civile moderna che, al contrario, ha avuto una crescita più o meno costante nel tempo. Dobbiamo pensare al presente e al futuro del settore, puntando sulla domanda e sulla voglia di ricominciare a viaggiare per turismo e per affari. Ora tutti i player del settore, colpiti in maniera trasversale dalla crisi pandemicadevono operare con l’obiettivo di un rapido riavvio del traffico aereo, partendo dalla ricostruzione della fiducia da parte dei passeggeri”.

“La combinazione tra le disposizioni sanitarie, la campagna vaccinale, i voli Covid-free e l’auspicato pass sanitario aiuteranno tutti noi a ricominciare a scegliere, con consapevolezza e fiducia, il trasporto aereo: un passo per contribuire alla ripresa del settore e, più in generale, dell’economia diretta e indiretta generata dal comparto”, conclude.


Il lockdown ha fatto crollare il traffico aereo, nel 2020 passeggeri in calo di oltre il 70% in Italia

Oltre 134 mila persone aspettano l’assegno Inps della cassa integrazione

AGI – Al 17 giugno, sono 134.358 le persone che ancora attendono di ricevere la cassa integrazione per far fronte all’emergenza legata alla pandemia. A certificarlo è l’Inps che ha pubblicato i dati relativi alle domande di integrazioni salariali Covid-19 spiegando che la maggior parte però (108.590) sono riferite a domande ricevute a giugno. In base alle domande presentate entro il 31 maggio, invece, sono 25.768 il numero dei lavoratori che, al 17 giugno, non ha mai preso almeno un pagamento. Sulla base di domande regolarmente presentate dopo il 31 di maggio, sono in attesa di essere pagati 356.939 lavoratori, che tuttavia hanno già ricevuto almeno un pagamento riferito a integrazioni mensili di periodi precedenti.
L’Inps stima inoltre che al 17 giugno ammonta a 11 milioni la quota totale dei beneficiari delle diverse prestazioni per Covid per una spesa complessiva di 15 miliardi di euro. Il conteggio comprende tutti i diversi tipi di bonus erogati dai 600 euro ai congedi parentali, dalla cassa integrazione al Reddito di emergenza.

Sulla base delle domande per le integrazioni salariali Covid-19 regolarmente presentate, il numero di lavoratori che non hanno ricevuto almeno un pagamento al 17 giugno sono 134.358. L’Inps spiega che per la maggior parte però (108.590) sono riferite a domande ricevute a giugno. Sulle domande presentate entro il 31 maggio, invece, sono 25.768 il numero dei lavoratori che, al 17 giugno, non ha mai preso almeno un pagamento. Sulla base di domande regolarmente presentate dopo il 31 di maggio, sono in attesa di essere pagati 356.939 lavoratori, che tuttavia hanno già ricevuto almeno un pagamento riferito a integrazioni mensili di periodi precedenti. 
 

Agi

Sono oltre 43 mila i contagiati sui luoghi di lavoro

Sono 43.399 i contagi da nuovo Coronavirus di origine professionale denunciati all’Inail tra la fine di febbraio e il 15 maggio, circa seimila in più rispetto ai 37.352 della rilevazione del 4 maggio. Lo rende noto l’Inail. I casi di infezione con esito mortale registrati nello stesso periodo sono 171, 42 in piu’ rispetto al monitoraggio precedente, e circa la metà riguarda il personale sanitario e socio-assistenziale, con i tecnici della salute e i medici al primo posto tra le categorie più colpite.

L’età media dei lavoratori che hanno contratto il virus è di 47 anni, sale a 59 per i casi mortali

Come evidenziato dal terzo report sui contagi sul lavoro da Covid-19 elaborato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, l’età media dei lavoratori che hanno contratto il virus è di 47 anni per entrambi i sessi, ma sale a 59 anni (58 per le donne e 59 per gli uomini) per i casi mortali. Nove decessi su 10, in particolare, sono concentrati nelle fasce di età 50-64 anni (70,8%) e over 64 anni (19,3%). Il 71,7% dei lavoratori contagiati sono donne e il 28,3% uomini, ma il rapporto tra i generi si inverte nei casi mortali.

I morti tra gli uomini sono l’82,5% del totale, il primato negativo al Nord Ovest

I decessi degli uomini, infatti, sono pari all’82,5% del totale. L’analisi territoriale conferma il primato negativo del Nord-Ovest, con oltre la metà delle denunce complessive (55,2%) e il 57,9% dei casi mortali. Tra le regioni, invece, più di un’infezione di origine professionale su tre (34,9%) e il 43,9% dei decessi sono avvenuti in Lombardia. Rispetto alle attività produttive, il settore della Sanità e assistenza sociale, che comprende ospedali, case di cura e case di riposo, registra il 72,8% delle denunce (e il 32,3% dei casi mortali), seguito con il 9,2% dall’amministrazione pubblica, con le attività degli organi legislativi ed esecutivi centrali e locali.

Agi