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Dal grano al pane, il prezzo aumenta fino a 13 volte

AGI – Dal grano al pane il prezzo aumenta di 13 volte tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito. È quanto lamenta la Coldiretti nel commentare l’analisi di Assoutenti che rileva un prezzo medio del pane in Italia di 5,31 euro al kg con punte di 9,8 euro al chilo.

Un chilo di grano tenero ha raggiunto infatti in Italia – sottolinea la Coldiretti – il valore massimo di 40 centesimi al chilo su valori influenzati direttamente dalle quotazioni internazionali a differenza del pane che evidenzia una estrema variabilità dei prezzi lungo la penisola.

Una dimostrazione che a pesare sul prezzo finale del pane per oltre il 90% sono altri fattori come l’energia, l’affitto degli immobili e il costo del lavoro piuttosto che la materia prima agricola.

Peraltro il prezzo del grano per effetto della speculazione è sceso dell’8,5% nell’ultima settimana nonostante il permanere delle tensioni internazionali con lo stop alle esportazioni deciso dall’Ungheria e dall’Ucraina e l’annuncio della Russia di sospendere le esportazioni fino al 31 agosto, secondo l’analisi della Coldiretti alla chiusura settimanale della borsa merci di Chicago che evidenzia come in una situazione di difficoltà dei mercati la speculazione si estende dall’energia alle materie prime agricole.

Una netta inversione di tendenza con il calo settimanale più rilevante dall’agosto 2016 che segue però – sottolinea la Coldiretti – il balzo del 40,1% delle quotazioni del grano nella settimana precedente. Un andamento – sottolinea la Coldiretti – che non significa il superamento delle difficoltà, ma piuttosto l’accresciuto interesse sul mercato delle materie prime agricole della speculazione che ha approfittato degli alti valori raggiunti per realizzare profitti.

Le speculazioni – spiega la Coldiretti – si spostano dai mercati finanziari in difficoltà ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati “future” uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto. Una speculazione sulla fame che nei paesi più ricchi provoca inflazione ma anche gravi carestie e rivolte nei Paesi meno sviluppati.


Dal grano al pane, il prezzo aumenta fino a 13 volte

Chi può chiedere il contributo ‘Sostegni’, c’è tempo fino al 13 dicembre

AGI – Da oggi fino al prossimo 13 dicembre è possibile inviare le domande per fruire del contributo ‘Sostegni’ e/o del contributo ‘Sostegni-bis alternativo’, a favore dei soggetti che svolgono attività di impresa, di lavoro autonomo e di reddito agrario titolari di partita Iva che hanno conseguito, nel 2019, ricavi o compensi compresi fra 10 milioni e 15 milioni di euro. Con un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, è approvato il modello di domanda, con le relative istruzioni, per richiedere i contributi.

A chi spettano le agevolazioni

Le nuove agevolazioni spettano ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte e professione o che producono reddito agrario, titolari di partita Iva e residenti o stabiliti in Italia, che nel 2019 abbiano conseguito un ammontare di ricavi o di compensi fra dieci e quindici milioni di euro.

Ulteriore requisito per la richiesta del contributo ‘Sostegni’ e’ l’aver registrato un calo di almeno il 30 per cento tra l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020 e quello dell’anno 2019, mentre ulteriore requisito per la richiesta del contributo ‘Sostegni-bis alternativo’ è l’aver registrato un calo di almeno il 30 per cento tra l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del periodo 1 aprile 2020 – 31 marzo 2021 e quello del periodo 1 aprile 2019 – 31 marzo 2020.

Non possono accedere ai contributi i soggetti la cui attività e partita Iva non risulti attiva alla data di entrata in vigore dei rispettivi decreti-legge, gli enti pubblici, gli intermediari finanziari e le società di partecipazione.

Il calcolo dei contributi

Una volta verificato il possesso dei requisiti, per calcolare i contributi spettanti, la differenza tra le medie mensili viene moltiplicata per una percentuale specifica, a seconda dell’oggetto della domanda. Se viene richiesto esclusivamente il contributo ‘Sostegni’, l’importo è ottenuto applicando la percentuale del 20 per cento alla differenza tra l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020 e quello del 2019, con un minimo di mille euro per le persone fisiche e duemila euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.

In questo caso viene riconosciuto anche il contributo ‘Sostegni-bis automatico’. Se si richiede esclusivamente il contributo ‘Sostegni-bis alternativo’ il contributo è pari al 30 per cento della differenza tra l’ammontare medio mensile del fatturato dei corrispettivi del periodo 1 aprile 2020 – 31 marzo 2021 e quello del periodo 1 aprile 2019 – 31 marzo 2020.

Se vengono richiesti entrambi, per il contributo ‘Sostegni-bis alternativo’ si applica la percentuale del 20 per cento alla differenza tra l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del periodo dal 1 aprile 2020 al 31 marzo 2021 e quello del periodo dal 1 aprile 2019 al 31 marzo 2020.

Per tutti i soggetti l’importo di ciascun contributo non può essere superiore a centocinquantamila euro. I contribuenti possono richiedere i contributi a fondo perduto con apposita istanza, da presentare esclusivamente utilizzando i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate, a partire da oggi e fino al 13 dicembre 2021.

Nell’istanza devono essere indicati i codici fiscali del richiedente, dell’eventuale rappresentante o intermediario, le informazioni sulla sussistenza dei requisiti e l’Iban del conto corrente su cui ricevere l’accredito. I contributi vengono erogati mediante bonifico o, su specifica scelta irrevocabile del richiedente, possono essere riconosciuti come crediti di imposta da utilizzare esclusivamente in compensazione.


Chi può chiedere il contributo ‘Sostegni’, c’è tempo fino al 13 dicembre

Con il ‘car sharing’ si risparmia fino a 935 euro l’anno. Lo dice uno studio dell’Aci

AGI – La paura del Covid spinge gli italiani verso un uso ancora più massiccio dell’automobile privata, che costa mediamente 3.926 euro l’anno tra acquisto, carburante, tasse e spese di esercizio. E senza alternative adeguate dal sistema di trasporto pubblico e dal car sharing, le famiglie vedono crescere la spesa per gli gli spostamenti: secondo la Fondazione Filippo Caracciolo di Aci, che ha presentato alla Luiss di Roma uno studio sulla mobilità condivisa nelle città italiane, ogni spostamento urbano costa mediamente 4,5 euro in scooter sharing, 7,2 euro con un’auto condivisa e 11,9 euro in taxi. Un esborso elevato se rapportato con quello del trasporto pubblico (bus/metropolitana), pari a 1,5 euro.

Lo studio è frutto di un lavoro di analisi, nel quale i ricercatori della Fondazione hanno effettuato svariati test sulle strade della Capitale. Oltre ai risultati raccolti sul campo, la ricerca contiene dati inediti forniti dagli operatori della mobilità condivisa o estratti dal Pubblico Registro Automobilistico, dalle risultanze delle scatole nere dei veicoli e dalle statistiche Aci-Istat sugli incidenti stradali.

La Fondazione Caracciolo evidenzia anche i costi indiretti delle inefficienze della mobilità che si ripercuotono sulle tasche delle famiglie: se taxi e scooter sharing sono i più rapidi per muoversi in città (velocità media per entrambi di circa 19 km/h), l’auto condivisa sconta una perdita di competitività nella ricerca di parcheggio, che può arrivare a superare il 30% del tempo complessivo di viaggio, mentre il mezzo pubblico è penalizzato da un’attesa media alla fermata di 20 minuti.

Confrontando i costi di spostamento tra chi si muove esclusivamente con l’auto propria e chi invece in forma plurimodale (autobus, con veicoli in sharing e a noleggio e taxi) la Fondazione Caracciolo evidenzia che l’automobile di proprietà risulta la soluzione meno cara solo per chi percorre più di 8.000 km ogni anno in ambito urbano ed extraurbano.

La convenienza dei sistemi di sharing puo’ cambiare considerevolmente in presenza di adeguate politiche pubbliche. In uno scenario futuro di promozione della mobilità sostenibile, a fronte della riduzione dei costi di car sharing di almeno il 15% (legata alla minore perdita di tempo per la disponibilità di parcheggi riservati) e all’abbattimento del 10% della durata delle corse in taxi (derivante da un aumento delle corsie preferenziali o dalla riduzione della congestione), le alternative all’auto privata risulterebbero più convenienti per una percorrenza complessiva annuale inferiore a 11.000 km annui.

Quantificando tali benefici, il ricorso alla mobilità condivisa farebbe risparmiare alle famiglie ogni anno tra i 390 e i 935 euro rispetto all’utilizzo dell’auto propria. “La convivenza fra i vecchi e nuovi abitanti delle strade – afferma Giuseppina Fusco, presidente della Fondazione Filippo Caracciolo e vice presidente dell’Automobile Club d’Italia – dovrà essere accompagnata da un’equilibrata regolamentazione da parte del legislatore nazionale e delle amministrazioni locali, chiamati oggi, più che mai, ad uno sforzo straordinario teso a ricreare le nuove basi della mobilità post Covid.

La capacità di rinnovare in chiave tecnologica il trasporto pubblico, rendendolo sempre più connesso e facendolo convivere in modo sinergico con soluzioni su misura di trasporto privato e in sharing, rappresenta la vera sfida per rendere le nostre città moderne metropoli, in grado di soddisfare esigenze di spostamento sempre più flessibili, con soluzioni che risultino al tempo stesso sostenibili, accessibili e sicure”.

Agi

Intesa tra Delta e il sindacato piloti, niente licenziamenti fino al 2022

AGI – La compagnia americana Delta, fiaccata dalle difficoltà del traffico aereo generate dalla pandemia, ha raggiunto un accordo con il sindacato che rappresenta i suoi 13.000 piloti al fine di evitare qualsiasi licenziamento fino al 2022. L’accordo deve ancora essere finalizzato e approvato dai membri del sindacato Alpa, ha riferito il direttore delle operazioni, John Laughter, in un messaggio ai dipendenti.

“Contiene diversi elementi che migliorano la qualità della vita consentendo al contempo a Delta di generare risparmi, cosa di cui l’azienda ha bisogno per evitare i licenziamenti, uno dei nostri obiettivi principali sin dall’inizio”, ha spiegato. Più di 40.000 dipendenti della compagnia hanno optato per piani di partenza volontaria, pensionamento anticipato e congedi non retribuiti, che hanno permesso a Delta di evitare di dover ricorrere a licenziamenti.

Secondo il sindacato dei piloti, l’accordo prevede tra l’altro che Delta possa ridurre la spesa per i piloti del 5% al mese. Oltre alle misure sulla qualità della vita, i piloti beneficiano in cambio di una modifica a loro favorevole dei contributi al risparmio previdenziale. Tuttavia, l’intesa scadrà se il governo degli Stati Uniti finirà per approvare un nuovo sostegno finanziario per l’intera industria aerea. Come altre grandi aziende del settore, Delta ha beneficiato fino al 30 settembre di sussidi per un totale di 25 miliardi di dollari per aiutare a pagare i salari.

Da quando i soldi non sono piu’ arrivati, i rappresentanti del settore aereo hanno fatto una campagna a Washington per un’estensione del sostegno finanziario, ma per il momento devono affrontare il blocco delle trattative tra Democratici e Repubblicani. Delta ha nuovamente subito una perdita netta di 5,4 miliardi di dollari nel terzo trimestre, appena inferiore ai 5,7 miliardi registrati nel secondo trimestre quando gran parte della popolazione mondiale e’ stata costretta a rimanere a casa per arginare la diffusione del Covid-19.

Agi

A Milano chiude 95% alberghi, perdite fino a 5 milioni al giorno

Turisti non ce ne sono, professionisti in viaggio d’affari pochissimi, il pericolo del contagio da coronavirus è alto. E Milano chiude, gli albergatori hanno già deciso, senza aspettare le indicazioni del Governo.

“Noi stiamo chiudendo autonomamente. Qualcuno rimarrà aperto perché ci sarà pur sempre una minima esigenza di ospitalità. Su 400 alberghi entro questo fine settimana ne resteranno aperti al massimo 20. Che significa che sulle 35.000 camere disponibili in città, ce ne saranno al massimo 1.000”. Maurizio Naro, presidente Federalberghi Milano Lodi Monza Brianza, racconta all’AGI come sta reagendo il settore all’emergenza sanitaria e fa un primo ‘tragico’ bilancio delle perdite, che arrivano a superare i 5 milioni al giorno, con il 95% di saracinesche giù. 

“Il conto è presto fatto – spiega – tenendo conto del numero di camere su Milano, di un’occupazione media annua della città del 70%, a un prezzo medio di 120-130 euro: per ogni giorno di chiusura si perdono oltre 3 milioni di euro, questo conteggiando solo le camere senza pensare ai servizi, come bar, ristoranti e sale riunioni”. Se poi consideriamo che c’erano delle fiere importanti in questo periodo i numeri lievitano, quasi raddoppiano. “Per esempio con il Salone del Mobile il prezzo medio annuo delle camere in città, sale a 180 euro al giorno, e aumenta anche la percentuale di occupazione: che vuol dire che la perdita nel mese di aprile è sopra ai 5 milioni al giorno”.

Un fatturato in caduta libera per almeno due mesi, affossato dal covid-19. Tenendo conto di tutte queste circostanze, fiere, mostre e i mille eventi che animano Milano con l’arrivo della primavera “Avevamo fatto un calcolo – continua Maurizio Naro – dal quale risulta che da marzo ad aprile si perdevano circa 300 milioni di fatturato, di sole camere”.

E il punto è che non si sa quando finirà. “Si spera che a maggio si possa uscire dal tunnel” aggiunge fiducioso.

Ma a parte l’enorme danno economico, prende piede anche un’altra preoccupazione. Con le strade deserte e i negozi chiusi aumenta il rischio criminalità, e che vengano saccheggiati proprio gli hotel, ricchi di televisori, computer e suppellettili di lusso. Il presidente Federalberghi Milano, Naro anticipa che è pronta “una richiesta ufficiale affinché ci sia un presidio costante delle forze dell’ordine sul territorio. Tutti i bar e i ristoranti, così come i negozi, avevano anche una funzione di presidio con le loro vetrine accese e un andirivieni di gente”. Adesso, a luci spente e saracinesche abbassate “temiamo- conclude –  che, soprattutto in zone meno trafficate, ci possano essere atti di vandalismo e furti”. 

Agi

Eni: Descalzi, in Italia investimenti fino a 2,4 miliardi nel 2019

Degli 8 miliardi di investimenti che Eni effettuerà nel 2019, “la parte italiana è di 2,3-2,4 miliardi”, si tratta di “una quota stabile, poi su cosa riusciremo a fare dipenderà anche dai permessi amministrativi e dalla burocrazia”. E’ quanto ha affermato l’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi, durante la conferenza stampa successiva alla presentazione degli obiettivi del gruppo al 2022. Gli investimenti in Italia – ha sottolineato – saranno concentrati “nell’upstream, e soprattutto sulla parte rinnovabile, per esempio nella raffinazione verde e nell’economia circolare”. 

 Eni prevede anche di completare 60 progetti tra brownfield e greenfield per un totale di oltre 1,6 GW di capacità rinnovabile entro il 2022, investendo 1,4 miliardi di euro, e fino a 5 GW entro il 2025.
“Siamo impegnati a far crescere il nostro business delle rinnovabili in modo organico nel periodo del Piano”, ha evidenziato Descalzi. “Il nostro portafoglio di rinnovabili è ben diversificato, sia dal punto di vista geografico sia da quello delle tecnologie utilizzate. In futuro, siamo intenzionati ad aumentare la nostra esposizione nel settore dello stoccaggio di energia. In Italia, espanderemo ulteriormente il ‘Progetto Italia’, che prevede la conversione delle aree industriali bonificate in aree per la produzione di energia da fonti rinnovabili”, ha proseguito.

Agi

Tempo fino al 21 aprile per rottamare le cartelle di Equitalia

I contribuenti avranno tempo fino al 21 aprile per rottamare le cartelle esattoriali di Equitalia. Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge che proroga dal 31 marzo al 21 aprile il termine entro il quale i debitori potranno presentare la domanda e pagare il dovuto senza sanzioni e interessi. La definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016 è stata introdotta dal decreto fiscale collegato alla manovra e ha già raggiunto quota 600mila istanze in cinque mesi dall'avvio.

Il provvedimento consentirà di far entrare in vigore la proroga e coprire il tempo necessario fino alla conversione definitiva in legge del decreto terremoto, che ha incassato il primo via libera della Camera e ora passerà al Senato in seconda lettura. Il dl sisma, modificato nel corso del passaggio a Montecitorio, contiene infatti già il differimento al 21 aprile della scadenza per presentare le domande di rottamazione e prevede inoltre lo spostamento dal 31 maggio al 15 giugno della data entro cui l'agente della riscossione dovra' rispondere.

Il differimento dei termini si è reso necessario anche per la mole crescente di richieste presentate dai contribuenti, come dimostrano le file agli sportelli di Equitalia. Con la definizione agevolata è infatti possibile rottamare tutte le cartelle comprese le multe stradali.

  • Chi aderisce deve pagare l'importo residuo del debito senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora.
  • Per le multe stradali, invece, non si devono pagare gli interessi di mora e le maggiorazioni previste dalla legge.
  • Delle 598.988 domande presentate (dato aggiornato al 23 marzo) il 49,6% dei contribuenti lo ha fatto utilizzando il portale di Equitalia, l'email o la posta elettronica certificata, mentre il 48,9% si è rivolto alla rete degli sportelli, e il residuo 1,5% ha preferito canali tradizionali quali, ad esempio raccomandata o posta ordinaria. 
  • Le istanze inviate con email semplice sono state 83.718 (14%), quelle trasmesse con la posta elettronica certificata sono state 173.417 (28,9%), mentre dall'area riservata del portale sfiorano le 40mila (39.899, 6,7%) per un totale (web e mail) di 297.034, superiore al dato delle richieste di 'rottamazione' presentate (293.015) attraverso gli sportelli della societa'. 

Agi News