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Per Bankitalia il contante costa agli esercenti più delle carte

AGI – La Banca d’Italia avverte che le norme contenute nella legge di bilancio sull’innalzamento del tetto per l’utilizzo del contante e sulla rimozione delle multe per gli esercenti che non consentono di utilizzare il Pos fino a 60 euro rischiano di entrare in contrasto con la modernità proposta dal Pnrr e di non favorire la lotta all’evasione fiscale e all’economia sommersa. Così come alcune misure di tregua fiscale. Nella deposizione alle Commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato, Fabrizio Balassone, capo del servizio struttura economica del Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia, ha analizzato la legge di bilancio evidenziandone le criticità riscontrate e i punti di forza.

“Le norme in materia di pagamenti in contante e l’introduzione di misure che riducono gli oneri tributari per i contribuenti non in regola rischiano di entrare in contrasto con la spinta alla modernizzazione che anima il Pnrr e con l’esigenza di ridurre l’evasione fiscale”, ha spiegato il dirigente di Bankitalia.

“I pagamenti elettronici riducono l’evasione”

Balassone ha ricordato: “Il tetto sul contante rappresenta un ostacolo per la criminalità e l’evasione. Degli studi degli ultimi anni suggeriscono che soglie più alte favoriscono l’economia sommersa. C’è inoltre evidenza che l’uso dei pagamenti elettronici, grazie al loro tracciamento, riduce l’evasione fiscale”. La manovra prevede, invece, l’innalzamento a partire dal 1 gennaio 2023 da mille a cinquemila euro del limite per l’utilizzo nei pagamenti.

Il dirigente di Palazzo Koch ha specificato inolte che il contante “ha dei costi legati alla sicurezza, visto i furti a cui è soggetto”, segnalando che le statistiche su dati 2016 elaborate da Bankitalia riportavano come “per gli esercenti il costo per il contante è stato superiore a quello delle transazioni digitali con carta di credito o di debito”.

 Bankitalia osserva inoltre come una serie di misure fiscali contenute nella legge di bilancio presenti “aspetti critici più volte segnalati in riferimento a misure analoghe”. Perché, secondo Balassone, “la discrepanza di trattamento fiscale tra dipendenti e lavoratori autonomi, e tra questi quelli sottoposti a regime forfetario, risulta accresciuta”.

Quanto all’estensione della flat tax, il dirigente di Bankitalia ha specificato: “In un periodo di inflazione elevata la coesistenza di un regime a tassa piatta e uno soggetto a progressività comporta una ulteriore penalizzazione per chi è soggetto al secondo”.

Una manovra con una “impostazione prudente”

Al netto dei rilievi, la banca centrale valuta che “vista l’elevata incertezza del quadro economico e gli spazi di bilancio limitati”, l’impostazione scelta dal governo per il documento di programmazione di bilancio “appare prudente”. La congiuntura nel Paese “ha mostrato sinora una tenuta”, con un andamento “ancora favorevole degli investimenti”. Gli inndicatori più recenti, però, ha sottolineato Balassone, “indicano un rallentamento del trimestre in corso. E il quadro macroeconomico delineato nel documento di programmazione sostanzialmente non si discosta da questo scenario”.

Resta ferma un’altra raccomandazione sul deficit. “Dato il livello alto del debito pubblico – ha concluso il dirigente – l’incertezza sulle prospettive economiche ed il livello alto dei tassi di interese, l’obiettivo della riduzione del rapporto debito/Pil nel triennio è una scelta necessaria”.

Non si placa dunque la discussione sulle due misure in materia di utilizzo del contante, tra le più dibattute tra quelle contenute del documento di programmazione. Ieri la premier Giorgia Meloni ha sostenuto che più abbassi il tetto al contante più favorisci l’evasione”. Mentre sul Pos ha aggiunto: “La soglia può essere meno di 60 euro”.

Le critiche delle opposizioni

Ma le opposizioni replicano che le norme vanno stralciate. “Oggi anche la Banca d’Italia, dopo la Corte dei conti e Confindustria, boccia la manovra. Viene cancellato il reddito di cittadinanza e viene introdotta l’evasione di cittadinanza”, ha detto il leader M5s Giuseppe Conte.

Anche il senatore Pd Antonio Misiani ha incalzato il governo: “Dopo la Corte dei Conti anche la Banca d’Italia boccia le norme della legge di bilancio su Pos e contanti. Giustamente. Favoriscono l’evasione, complicano la vita ai tanti italiani che usano la moneta elettronica e mettono a rischio il Pnrr. Il governo le tolga di mezzo”. 


Per Bankitalia il contante costa agli esercenti più delle carte

L’inflazione sfiora il 9% e costa alle famiglie italiane più di 3.000 euro

AGI – Non si arresta la corsa dell’inflazione. A settembre, comunica l’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, ha registrato un aumento dello 0,3% su base mensile e dell’8,9% su base annua (da +8,4% del mese precedente). Il dato tendenziale è il più alto da novembre 1985.

L’ulteriore accelerazione dell’inflazione su base tendenziale a settembre si deve soprattutto ai prezzi dei beni alimentari (la cui crescita passa da +10,1% di agosto a +11,5%) sia lavorati (da +10,4% a +11,7%) sia non lavorati (da +9,8% a +11,0%) e a quelli dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +4,6% a +5,7%).

Contribuiscono, in misura minore, anche i prezzi dei beni non durevoli (da +3,8% a +4,7%) e dei beni semidurevoli (da+2,3% a +2,8%). Pur rallentando di poco, continuano a crescere in misura molto ampia, i prezzi dei beni energetici (da +44,9% di agosto a +44,5%) sia regolamentati (da +47,9% a + 47,7%) sia non regolamentati (da +41,6% a +41,2%); decelerano anche i prezzi dei servizi relativi ai trasporti (da +8,4% a +7,2%). L'”inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera da +4,4% a +5,0% e quella al netto dei soli beni energetici da +5,0% a +5,5%. 

Il cibo non costava così tanto da quasi 40 anni

Su base annua accelerano i prezzi dei beni (da +11,8% a +12,5%), mentre è sostanzialmente stabile la crescita di quelli dei servizi (da +3,8% a +3,9%); si amplia, quindi, il differenziale inflazionistico negativo tra questi ultimi e i prezzi dei beni (da -8,0 di agosto a -8,6 punti percentuali).

Accelerano, al top da luglio 1983, i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona (da +9,6% a +11,1%) – il cosiddetto ‘carrello della spesa’ – e quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +7,7% a +8,5%). L’aumento congiunturale dell’indice generale è dovuto prevalentemente ai prezzi dei Beni alimentari non lavorati (+2,0%), dei Beni semidurevoli (+1,0%), degli alimentari lavorati (+0,8%) e dei Beni durevoli (+0,6%) ed è in parte frenato dal calo dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (-4,2% dovuto per lo piu’ a fattori stagionali). L’inflazione acquisita per il 2022 e’ pari a +7,1% per l’indice generale e a +3,6% per la componente di fondo.

Secondo le stime preliminari, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) aumenta dell’1,7% su base mensile, anche per effetto della fine dei saldi estivi di cui il Nic non tiene conto, e del 9,5% su base annua (da +9,1% nel mese precedente). L’inflazione acquisita per il 2022 è pari a +7,1% per l’indice generale e a +3,6% per la componente di fondo.

La stangata e lo tsunami

“L’inflazione all’8,9% determina una stangata per gli italiani, considerata la totalità dei consumi di una famiglia ‘tipo’, pari a +2.734 euro, di cui 657 euro solo per la spesa alimentare, conto che sale a +3.551 euro annui per una famiglia con due figli” afferma il Codacons, commentando i dati diffusi dall’Istat. “Siamo di fronte a uno tsunami economico senza precedenti, e la crescita dei prezzi al dettaglio e’ destinata purtroppo ad aggravarsi nelle prossime settimane – spiega il presidente Carlo Rienzi – Il maxi-aumenti del 59% delle bollette elettriche che scatteranno dall’1 ottobre, e i nuovi incrementi del gas alle porte, spingeranno al rialzo l’inflazione, non potendo imprese, esercizi commerciali e attività produttive assorbire costi energetici così elevati, che saranno inevitabilmente scaricati sui listini al pubblico”.

“Il rischio è quello di un crollo verticale dei consumi delle famiglie negli ultimi mesi del 2022, con effetti a cascata sull’economia. Per tale motivo chiediamo al nuovo Governo di disporre subito il taglio dell’Iva sugli alimentari, che a settembre hanno registrato una impennata dell’11,8% con ripercussioni per +657 euro a famiglia, e sui generi di prima necessità, in modo da alleggerire la spesa delle famiglie e contenere gli effetti disastrosi dell’inflazione”, conclude Rienzi.

“Per cibo e bevande, decollati dell’11,8%, una famiglia pagherà in media 665 euro in più su base annua. Una batosta che sale a 907 euro per una coppia con 2 figli, 819 per una coppia con 1 figlio. Nel caso delle coppie con 3 figli, poi, si ha una mazzata record di 1.084 euro nei dodici mesi”.

Lo afferma l’Unione nazionale consumatori, secondo cui “un terremoto si sta abbattendo sulle famiglie, svuotando il loro conto in banca, visato che certo lo stipendio non può più bastare per arrivare a fine mese“. Secondo Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, “urge un nuovo bonus per le famiglie, ma deve essere almeno il triplo rispetto ai 200 euro del Governo Draghi, così da coprire quasi tutte le maggiori spese per mangiare e bere”. “Per quanto riguarda l’inflazione nel suo complesso, il +8,9% significa, per una coppia con due figli, una stangata complessiva, in termini di aumento del costo della vita, pari a 2.956 euro su base annua, di cui 1.211 per abitazione, elettricità e combustibili, 940 per il solo carrello della spesa.

Per una coppia con 1 figlio, la spesa aggiuntiva annua è pari a 2.738 euro. In media per una famiglia il rincaro è di 2.336 euro, 691 per il solo carrello della spesa. Il primato spetta ancora una volta alle famiglie numerose con più di 3 figli con una scoppola pari a 3.321 euro, 1.116 per i beni alimentari e per la cura della casa e della persona” conclude Dona.

 Secondo Assoutenti, le famiglie italiane dovranno affrontare un vero e proprio “dramma d’autunno”, con prezzi al dettaglio in forte ascesa e bollette alle stelle. “I prezzi hanno raggiunto i livelli piu’ alti degli ultimi 40 anni, e le previsioni per i prossimi mesi sono addirittura peggiori – spiega il presidente Furio Truzzi – I listini dei generi alimentari sono letteralmente esplosi, segnando a settembre una crescita del +11,8%: questo significa che una famiglia con due figli deve mettere in conto una maggiore spesa solo per il cibo pari a +883 euro su base annua (+657 euro la famiglia “tipo”)”.

“Con questi numeri una consistente fetta di popolazione sarà spinta verso la soglia di povertà, e ci saranno ripercussioni immediate sul fronte dei consumi – prosegue Truzzi – Una emergenza nazionale che il prossimo Governo dovrà affrontare con urgenza , perché i rischi economico-sociali sono elevatissimi e non c’è più un solo giorno da perdere”.

Il caro energia – dice la Coldiretti – investe consumatori e agricoltori che sono colpiti direttamente dall’aumento delle bollette ma anche indirettamente per l’impatto sui costi di produzione. Un trend che porta gli italiani a tagliare gli acquisti di frutta e verdura dell’11% in quantita’ nel 2022 rispetto allo scorso anno, su valori minimi da inizio secolo (secondo l’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Cso Italy/Gfk Italia), aggravando una situazione che nel primo semestre del 2022 ha visto il consumo di frutta delle famiglie attestarsi a 2,6 milioni di tonnellate in quantità.

Gli italiani – precisa la Coldiretti – hanno ridotto del 16% le quantità di zucchine acquistate, del 12% i pomodori, del 9% le patate, del 7% le carote e del 4% le insalate, mentre per la frutta si registra addirittura un calo dell’8% per gli acquisti di arance, considerate unanimemente un elisir di lunga vita. Una situazione destinata ad avere un impatto sulle famiglie più deboli che riservano una quota rilevante del proprio reddito all’alimentazione. “Occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “bisogna intervenire subito per contenere il caro energia ed i costi di produzione con misure immediate per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare il futuro. 


L’inflazione sfiora il 9% e costa alle famiglie italiane più di 3.000 euro

Quanto costa mantenere un figlio da 0 a 18 anni

AGI – Mantenere un figlio da 0 a 18 anni ha un costo medio di 175.642,72 euro. E’ la cifra che emerge da un rapporto dell’O.N.F- Osservatorio Nazionale Federconsumatori. Ma è appunto una valutazione media: nel caso di una famiglia con alto reddito (cioè di 70 mila euro l’anno), il costo lievita alla cifra record di 321.617,36 euro. Il costo è aumentato con la pandemia: rispetto al 2018, l’incremento è dell’1,2%.

Secondo la Federconsumatori, la diminuzione delle spese relative ai trasporti, così come di quelle sostenute per le attività sportive e ludiche non è bastata infatti ad ammortizzare l’aumento dei costi per l’abitazione e delle utenze (+12% rispetto al 2018), per l’alimentazione (+8% rispetto al 2018) e per l’educazione e la cura (+6% rispetto al 2018). La pandemia ha inoltre contribuito ad ampliare un fenomeno già in costante crescita: la diminuzione del reddito annuo delle famiglie italiane.

Rispetto al 2019 si è registrata infatti una contrazione considerevole sia della spesa (-9%) sia del reddito annuale dei nuclei familiari (-2,8%) con esiti rovinosi per le famiglie, in particolar modo se monogenitoriali e appartenenti al primo quintile di reddito, ossia la fascia reddituale più bassa.

A seconda del reddito, la spesa per crescere un figlio fino alla maggiore età varia notevolmente: una famiglia bi-genitoriale (tipologia familiare presa a campione per l’indagine) con reddito annuo di 22.500 euro, per mantenere un figlio fino a 18 anni, spende in media 118.234,15euro; per la stessa tipologia di famiglia ma con un reddito medio (34.000euro /Anno) la spesa totale per crescere un figlio fino alla maggiore età aumenta fino a 175.642,72 euro. Per le famiglie ad alto reddito, oltre i 70.000 euro/Anno, mantenere un figlio fino a 18 anni ha un costo medio di 321.617,36 euro.

Per Federconsumatori, “questi dati mettono in evidenza come, oggi più che mai, fare un figlio sta diventando un lusso riservato a pochi, che sempre meno italiani sono in grado di permettersi. Non stupisce che nel 2021, in Italia, si è registrato il minimo storico di nascite.

Infatti, seppur rappresentino un passo in avanti, i bonus e le agevolazioni disposti dal Governo (l’Assegno di natalità, il Bonus mamma domani, l’Assegno unico figli, il Bonus asilo nido) non sono ancora sufficienti ad invertire tale tendenza. Ecco perchè è necessario avviare politiche a tutela della famiglia, della natalità e soprattutto del lavoro, per garantire condizioni migliori alle famiglie, oggi costrette a continui sacrifici, e dare un nuovo impulso al ringiovanimento del Paese”


Quanto costa mantenere un figlio da 0 a 18 anni

L’estate senza turisti stranieri costa all’Italia 11,2 miliardi

AGI – “L’estate senza stranieri in vacanza in Italia costa 11,2 miliardi al sistema turistico nazionale per le mancate spese nell’alloggio, nell’alimentazione, nei trasporti, divertimenti, shopping e souvenir”. Lo denuncia la Coldiretti in base ai dati Bankitalia in riferimento all’importanza del via libera al certificato vaccinale europeo per l’estate annunciato dal presidente del Parlamento Europeo David Sassoli.

“L’Italia – sottolinea la Coldiretti – è fortemente dipendente dall’estero per il flusso turistico con ben 23,3 milioni di viaggiatori stranieri che la scorsa estate hanno dovuto rinunciare a venire in Italia per effetto delle limitazioni e alle preoccupazioni per la diffusione del contagio. Si tratta un vuoto pesante che è costato al sistema turistico nazionale ben 11,2 miliardi di euro per le mancate spese degli stranieri nel periodo da giugno a settembre che purtroppo non vengono compensate dalla svolta vacanziera patriottica degli italiani”.

“I turisti dall’estero da Paesi come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna o la Cina hanno tradizionalmente una elevata capacità di spesa ma che adesso sono anche quelli che stanno procedendo velocemente nella campagna di vaccinazione – prosegue Coldiretti – ad essere colpite sono state soprattutto le città d’arte che sono le storiche mete del turismo dall’estero ma in difficoltà anche gli oltre 24mila agriturismi nazionali dove gli stranieri in alcune regioni secondo Campagna Amica rappresentano tradizionalmente oltre la metà degli ospiti nelle campagne. Si tratta di un costo che grava sul sistema turistico nazionale per le mancate spese nell’alloggio, nell’alimentazione, nei trasporti, divertimenti, shopping e souvenir”. 


L’estate senza turisti stranieri costa all’Italia 11,2 miliardi

Quanto costa mangiare bio

Per anni punto di riferimento dei romani che vogliono mangiare biologico, il “Canestro” abbassa – per sempre – le serrande dell’ultimo dei suoi tre punti vendita. Il sito internet è inaccessibile, la pagina Facebook chiusa. Difficile parlare con un responsabile, ma i motivi della chiusura sono facilmente intuibili. Gli ormai ex dipendenti attribuiscono la colpa del calo dei clienti alla concorrenza e alla vendita online. Le recensioni in rete sono in parte positive e in parte negative, ma quasi tutti i clienti concordano su un punto: i prezzi sono troppo alti.

Quanto costa mangiare biologico e sostenibile? Proviamo a fare due conti. Un pacco di pasta da NaturaSì, oggi la più diffusa catena di prodotti biologici in Italia, ha un prezzo che oscilla da 1,20 euro fino a quasi 5, a seconda della marca e del grano o cereale utilizzato. Un costo più elevato rispetto all’offerta dei marchi tradizionali. Un mix di verdure da circa 4,5 kg contenente patata gialla novella, melanzane, zucchine, fagiolini, peperoni, cipolla rossa costa intorno ai 20 euro. Circa 250 grammi di tranci di tonno surgelato costano all’incirca 8,50, qualche decina di centesimi in meno rispetto a quelli che si trovano nei negozi non bio. Gli hamburger freschi si portano a casa con 18/19 euro contro i 16/17 euro delle catene di supermercati.

Secondo una stima per un menù vegetariano biologico la spesa a persona si aggira intorno ai 5-6 euro, con pesce e carne il costo sale di qualche euro a seconda del prodotto. La conclusione, dunque, è che sì, a una prima occhiata, tendenzialmente mangiare bio è più costoso. Di un 15% circa, secondo diversi studi.

Ma quali sono i motivi? “Il prezzo allo scaffale del bio è più alto perché il costo di produzione di un prodotto bio vero è superiore al costo di produzione di un prodotto convenzionale”, spiega all’Agi Fabio Brescacin, presidente di NaturaSì. “Le produzioni sono minori, non potendo usare la concimazione chimica, i rischi sono maggiori non potendo usare insetticidi e anticrittogamici consentiti nell’agricoltura convenzionale e avendo a disposizione prodotti naturali che hanno un effetto più ridotto”. Non solo: “L’azienda biologica al posto della monocultura – che semplifica i processi produttivi e riduce i costi di produzione – effettua le rotazioni colturali e utilizza maggiore manodopera soprattutto per il controllo delle erbe infestanti”.

Un impegno che però alla lunga paga. “In Italia i negozi specializzati biologici sono circa mille”, spiega Brescacin che aggiunge: “Al momento non stanno aumentando. Il settore cresce, soprattutto per l’inserimento di prodotti biologici nella Grande Distribuzione, di conseguenza aumentano i clienti che acquistano bio”.

Quanto al prezzo – osserva ancora il presidente del gruppo – “secondo un calcolo fatto dall’inglese Soil Association il costo sanitario ambientale e sociale del prodotto convenzionale è il doppio di quello che viene fatto pagare ai consumatori. Questo significa che il prezzo non pagato dal consumatore allo scaffale comporta un costo sanitario ambientale e sociale che viene riversato sulla terra e le generazioni future. Quindi se parliamo del vero costo del prodotto, il prodotto bio ha un costo globale molto inferiore rispetto al prodotto convenzionale”. 

Ci possiamo fidare della dicitura bio? “Un prodotto biologico – spiega Federbio – sia che provenga da coltivazioni, allevamento o trasformazione, porta con sé la garanzia del controllo e della certificazione di organismi espressamente autorizzati per l’Italia dal ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali. Come previsto dalla normativa europea, la certificazione biologica copre tutti i livelli della filiera produttiva”.

A tutela del consumatore – continua – “non solo chi produce, ma anche chiunque venda prodotti marchiati come biologici (freschi o trasformati, in campagna, all’ingrosso o al dettaglio), infatti, deve essere sottoposto al controllo, con ispezioni in loco. Ogni organismo ha un proprio codice che viene riportato sull’etichetta del prodotto insieme al logo biologico dell’Unione europea. Le regole in materia di etichettatura e uso del logo sono rigorose, per difendere i consumatori da confusioni con altro tipo di coltivazioni di denominazione fantasiosa quali “agricoltura ecologica”, “naturale”, “pulita” (per cui mancano sia criteri per la denominazione che il minimo quadro di controllo)”.

 

Agi

Come funziona e quanto costa un soccorso sull’Himalaya

Francesco Cassardo, l’alpinista torinese rimasto ferito mentre scendeva il Gasherbrum VII, in Pakistan, è in ospedale, ha qualche costola rotta ma nel complesso sta bene. La sua avventura sarebbe finita molto male se non fosse stato per l’aiuto del suo compagno di cordata – Cala Cimenti – e per i soccorsi tempestivi in un Paese molto complesso.

Ne è convinto Michele Cucchi, tecnico soccorso alpino e guida alpina di Alagna Valsesia, esperto di soccorso in aree extra-europee. “Sulle Alpi, siano esse italiane, svizzere, austriache, abbiamo un livello di servizio mostruosamente alto che ormai diamo per scontato”, ha commentato Cucchi all’Agi. “Ci si rompe una caviglia e nel giro di un’ora si è nel migliore ospedale del Nord Italia, grazie a un elitrasporto che costa migliaia di euro. E spesso chi viene soccorso non pronuncia nemmeno un grazie, tanta è l’assuefazione da servizi di alto livello. Ma nel resto del mondo, in Asia non è così. Quando si parte per una spedizione internazionale bisogna considerare non solo la complessità della vetta, ma anche il Paese e il livello di soccorsi”.

Ogni Paese le cui vette fanno parte della catena Himalayana – Cina, Nepal, Pakistan e India – “è a sé, ha le sue caratteristiche e le sue problematiche. In Cina, ad esempio – spiega Cucchi –  è tutto molto controllato, chiuso, militarizzato. Dei soccorsi in alta quota si occupa il governo e le skill che hanno i soccorritori sono quasi ridicole”.

In India, invece, “esiste l’aviazione civile, così come i gruppi di civili radunati in club, come quelli alpini per intenderci. Ma si tratta di soccorritori ancora poco preparati. Buona la preparazione dei gruppi di militari specializzati in soccorso in montagna. I cieli, invece, sono gestiti dall’esercito perché i confini tra India e Pakistan sono ad altissima tensione”.

Tra tutti, il Nepal è il Paese più preparato nel soccorso in alta quota. “Perlopiù è gestito a terra dagli sherpa assoldati per le spedizioni, che sono diventati molto bravi in alta quota e vantano un’esperienza molto importante. Nei cieli, invece, il soccorso è gestito principalmente dai militari ma da alcuni anni le rotte aeree sono state aperte anche ad aziende elicotteristiche civili. Sono stati molto furbi: per sviluppare questo business – perché lo è – hanno assunto piloti occidentali in grado di andare molto in alto. E negli ultimi anni sono sempre di più i piloti nepalesi che acquisiscono tecnica ed esperienza per andare molto in alto (dai 5 mila metri in su)”.

Il Pakistan, prosegue la guida, è “un discorso a parte. Sulle vette del Paese, tra le quali domina il K2, salgono qualche centinaio di scalatori in ogni stagione, contro le migliaia del Nepal”. I motivi sono diversi ma soprattutto “ce n’è uno politico: la percezione che gli occidentali hanno del Pakistan è di un Paese instabile. Si è quindi più restii a esplorare quelle vette. A ciò si aggiungono montagne più selvagge e una logistica più complessa e impegnativa”.

Quanto ai soccorsi, “se ne occupano gruppi di “portatori d’alta quota”: persone in grado di salire con una spedizione internazionale fino a 8.000 metri. Anche qui il rapporto è di 10 a 100: ce ne sono centinaia contro le migliaia del Nepal”. Pochi portatori, dunque, e molto poco preparati a livello tecnico”. Del soccorso aereo se ne occupa invece “Askari Aviation: un distaccamento dell’aviazione militare in cui lavorano piloti con anni di carriera”.

Ma quanto costa un salvataggio?

Dipende da molti fattori, spiega Michele Cucchi. “I costi di un’assicurazione oscillano anche di molto a seconda del Paese, del tipo di soccorso, del tempo impiegato, della visibilità che rallenta le operazioni”.

Le assicurazioni – spiega e raccomanda la guida italiana – vanno stipulate sempre. In tutti questi posti ci sono moltissime agenzie specializzate che sbrigano le pratiche. Il rischio di non farle è quello di dover pagare tutto di tasca propria o – come nel caso del Pakistan – di non ricevere affatto un servizio di soccorso”.

La spesa non è trascurabile: “In Nepal il costo medio è di 12 mila dollari per un soccorso di routine: sono al campo 2 dell’Everest e devo essere evacuato a causa del mal di montagna acuto. Se non sono al campo 2 e l’elicottero impiega due giorni per trovarmi il pezzo sale”.

In Pakistan i costi sono altissimi, almeno il doppio: “Si parte da 20 mila dollari per un servizio base e si sale di decine e decine di migliaia di dollari per un soccorso più complesso. In più, i piloti prima di partire per un’operazione di soccorso si accertano che la persona da salvare abbia stipulato un’assicurazione altrimenti non decollano”.

Senza gli elicotteri “per trasportare una persona che non cammina all’ospedale più vicino ci si impiegherebbe una settimana”. Nel caso di Cassardo, “trasportarlo giù da 6.000 metri sarebbe stata un’impresa epica, durata 5 giorni, con tutti i rischi che questo comporta”.

In linea generale – conclude Cucchi – “chi va a fare spedizioni dovrebbe avere una preparazione tecnica molto alta per cavarsela da solo finché può. E poi sarebbe auspicabile che parte del lavoro di cooperazione internazionale sia rivolto alla formazione tecnica di persone del posto e all’apertura al turismo internazionale per permettere loro di rimanere sulla montagna”.

Agi

Costa, mai firmato autorizzazioni per le trivelle e mai lo farò

"Da quando sono Ministro non ho mai firmato autorizzazioni a trivellare il nostro Paese e i nostri mari e mai lo farò". Lo scrive su Facebook il Ministro dell'Ambiente Sergio Costa. "Non sono diventato Ministro dell'Ambiente per riportare l'Italia al Medioevo economico e ambientale" chiarisce Costa aggiungendo che "anche se arrivasse un parere positivo della Commissione Via, non sarebbe automaticamente una autorizzazione. Voglio che sia chiaro".

"I permessi rilasciati in questi giorni dal Mise sono purtroppo il compimento amministrativo obbligato di un sì dato dal ministero dell'Ambiente del precedente governo, cioé di quella cosiddetta sinistra amica dell'ambiente" prosegue aggiungendo che "noi siamo il governo del cambiamento e siamo uniti nei nostri obiettivi. Siamo e resteremo contro le trivelle. Quello che potevamo bloccare abbiamo bloccato. E lavoreremo insieme per inserire nel dl Semplificazioni una norma per bloccare i 40 permessi pendenti come ha proposto il Mise. Siamo per un'economia differente, per la tutela dei territori e per il loro ascolto".

"Anche per questo incontrerò personalmente i comitati Notriv di tutta Italia. Per lavorare insieme a norme partecipate, inclusive e che portino la soluzione che tutti aspettiamo da anni" conclude il Ministro.

Da dove nasce la polemica

La polemica è scoppiata a seguito della denuncia dei Verdi, in particolare di Angelo Bonelli, che ha reso noto l'ok da parte del Mise a tre nuovi permessi di ricerca petrolifera nel mar Ionio su una superficie complessiva di 2.200 chilometri quadrati a favore della società americana Global Med Llc, con sede legale in Colorado, Usa.

"La ricerca autorizza l'uso dell'air gun, le bombe d'aria e sonore, che provocano danni ai fondali e alla fauna ittica: è il regalo di Luigi Di Maio alla Puglia e alla Basilicata dopo Ilva e le autorizzazioni alla Shell rilasciate dal ministero dell'ambiente", ha sottolineato Bonelli. Pronta la replica del presidente della Regione Puglia, Michel Emiliano, che aveva annunciato: "Impugneremo le nuove autorizzazioni rilasciate dal Mise a cercare idrocarburi nel Mar Ionio. Ci siamo sempre battuti in difesa del nostro mare, e continueremo a farlo".

Subito dopo, il sottosegretario al Mise Davide Crippa ha fatto sapere che "per quanto attiene i tre permessi di ricerca della società Global Med che ha interessano lo Ionio, il ministero dell'Ambiente ha ottenuto la valutazione di impatto ambientale favorevole nel 2017. Mesi prima che si formasse il Governo del cambiamento".

E, ha proseguito Grippa, "su questa ennesima eredità, così come sulle altre, daremo battaglia con una proposta che verrà presentata al decreto semplificazioni: un emendamento tale da bloccare l'iter di ben 40 titoli oggi pendenti. Esattamente – ha rilevato Crippa – come sono state bloccate già diverse altre opere invasive da quando siamo al Governo". Quindi, è arrivata direttamente la smentita di Costa: il suo dicastero non ha mai rilasciato autorizzazioni in tal senso e "mai" lo farà.

Agi News

Terzo Valico, Toninelli: fermarlo costa troppo, l’opera va avanti

Fermare il Terzo Valico (ovvero la ferrovia Tortona/Novi Ligure-Genova) costerebbe troppo, quindi l'opera va proseguita. Lo annuncia su Facebook il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli. "Il Terzo Valico non può che andare avanti. Ma farlo andare avanti non significa condurlo a termine così com’è, bensì rendere l’opera efficiente rispetto agli scopi", scrive Toninelli al termine dell'analisi costi-benefici. 

"Il costo dell’opera a finire, attualizzato a 30 anni, supererebbe i benefici per una cifra di 1 miliardo e 576 milioni", spiega il ministro ma aggiunge che "il totale dei costi del recesso ammonterebbe a circa 1 miliardo e 200 milioni di euro di soldi pubblici". Per questo l'opera deve andare avanti.

Agi News

norwegian roma new york quanto costa davvero

Da oggi volare fino a New York a un prezzo molto contenuto si può. Merito della Norwegian Airlines che offre voli da Fiumicino allo scalo di Newark, in New Jersey, a 179 euro. La notizia circola da mesi, dopo che la compagnia low-cost norvegese lo aveva annunciato a maggio. Ma il 9 novembre, il sogno di migliaia di patiti della Grande Mela italiani diventa realtà. Il debutto tra le nuvole è previsto alle 17.30 e a bordo del Boeing 787-8 ci sono quasi tutti connazionali così come italiano è anche il pilota. L’11 novembre, invece, verrà varato il Roma-Los Angeles a un prezzo leggermente più alto: 199 euro.

Cosa non è compreso nel prezzo

Il costo del biglietto, che fa già dormire sonni agitati alle compagnie tradizionali, si abbasseranno ulteriormente nelle prossime settimane. Ma scordatevi la comodità. La tariffa che permette la tratta a costi base si chiama LowFare e sostanzialmente prevede il solo costo del posto a sedere e piccolo bagaglio a mano (10 kg misure con 55 x 40 x 23 cm). Nei 179 euro non sono compresi comfort che proprio secondari non sono. A iniziare dal cibo a bordo, il cui costo aggiuntivo è di 35 euro. E passando poi alla coperta (5 euro), al bagaglio in stiva (50 euro in più), fino alle cuffiette (3 euro). Anche la scelta del posto è a pagamento (costa 35 euro).

Addio alla Business

Su questi Boeing 787 di Norwegian – – riporta il Sole24Ore –  dimenticate la business class. La cabina è composta da 291 posti a sedere: 259 in Economy e i rimanenti in Premium. La differenza è ovviamente data dagli spazi a disposizione, con la classe Premium che offre sedili più larghi. Ma qui le tariffe lievitano attorno ai 500 euro per tratta. Va detto che non c'è una vera e propria business class, uguale a quelle offerte dalle compagnie tradizionali. La comodità a bordo, insomma, è decisamente da testare. E se per un viaggio tra amici non sembra così importante, lo stesso non si può dire per un viaggio d'affari.

Attenzione alle trappole

Prima di acquistare un volo è necessario fare alcune valutazioni. Innanzitutto, mette in guardia il Messaggero, dovete verificare se nelle date in cui potete viaggiare c’è quel ancora quel prezzo. Ovviamente, proprio come i voli low cost a breve-medio raggio, i posti con le tariffe migliori finiscono prima. In realtà facendo delle simulazioni in media (non a Natale) si spende comunque meno di 350 euro per l’andata e ritorno.

E’ affidabile?

Il vettore norvegese è stato proclamato – per il terzo anno consecutivo – "miglior compagnia aerea low-cost lungo raggio al mondo” e, per il quinto anno consecutivo, “miglior compagnia aerea low-cost in Europa”. Secondo quanto riportato dal Corriere, Norwegian, che conta su una flotta di 143 aerei e nei prossimi anni ne riceverà altri 200, nei primi dieci mesi del 2017 ha trasportato 28,2 milioni di persone. È padrona del segmento low cost tra Europa e Nord America.

Chi sono le concorrenti?

Attualmente ci sono una ventina di compagnie low-cost al mondo che effettuano voli intercontinentali. Si tratta perlopiù di società nate all’interno di grandi realtà, ma ci sono anche quelle sorte dal nulla. Per tutte, o quasi, il modello di business è lo stesso. Con la tariffa base — che da Regno Unito e Islanda parte in alcuni scali da 65 euro — si può portare soltanto un bagaglio a mano. Tutto il resto è un extra.

Ecco le più importanti:

Jetstar (Qantas)

Scoot (Singapore Airlines)

Eurowings (Lufthansa)

Level (Iag, holding di British Airways, Iberia, Aer Lingus, Vueling)

Joon (Air France)

AirAsia X (Malesia)

Norwegian Air

Wow Air (Islanda)

WestJet (Canada)

Primera Air (Danimarca)

 

 

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