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Cingolani, sul clima “un piano transizione complesso, tocca tutti”

AGI – “C’è da sviluppare una transizione che non sia né troppo lenta né troppo veloce. In questa fase stiamo riprogettando il futuro a breve. Ne è uscito un piano molto complesso che tocca pesantemente tutti e ha delle implicazioni politiche“. Lo ha detto il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, durante l’incontra virtuale con gli studenti delle scuole superiori nell’ambito del progetto di educazione civica Cosmopolites.

“Il nostro piano, coordinato con la commissione europea, è diventato quello che tira la transizione. Va monitorato ogni anno e ci vuole l’impegno di tutti. Io, finita questa fase, tornerò a fare il mio mestiere e dopo qualcun’altro dovrà portare avanti questa grande trasformazione badando soprattutto agli aspetti sociopolitici ed, eventualmente, cambiando quello che sarà necessario cambiare in corso d’opera”, ha aggiunto. 

“In questo momento – ha dichiarato il ministro – stiamo puntando sulla trasformazione delle rinnovabili, cercando di aumentare molto la quota di energia elettrica rinnovabile, facendo un poderoso investimento nei prossimi 10 anni, in modo da avere che oltre il 70% della nostra energia elettrica sia prodotta da sorgenti rinnovabili. Questo rende credibile utilizzare il trasporto elettrico e la manifattura elettrica. Si esce dal carbone e si va più a elettricità”.

Fusione nucleare è la soluzione a tutto

“Sono assolutamente certo, ci metterei la firma, che la fusione nucleare sarà la soluzione di tutto. Il concetto è: nel 2050-2070, non so quando riusciremo, avere una piccola stella in miniatura, di diametro 30 cm, che in una grande città produce energia per tutti e non fa scorie radioattive. Poi c’è la fissione che è quella che quella che crea problemi ed è un pò più critico”, ha detto Cingolani, sottolineando che con “la fusione si fa come la natura, si copia l’universo, e sicuramente quella è la strada. Anche per questo nella tassonomia non può non esserci il nucleare perchè tutto l’universo funzione con la fusione e prima o poi anche noi. Sicuramente è un settore dove bisogna fare grandi investimenti e studiare molto”.

“Vanno studiati i reattori piccoli modulari”

“Noi non possiamo decidere oggi sul nucleare perchè, anche se avessimo 100 miliardi in tasca, oggi non c’è una soluzione nucleare pronta. La mia posizione tecnica, non politica, è che assolutamente non farei delle centrali di prima e seconda generazione, perchè sono complesse, costose e hanno problemi.

Sono assolutamente convinto che vada studiata la nuova generazione di reattori, i cosiddetti reattori piccoli modulari, non producono grandissima potenza però sono più sicuri. Secondo me, da li’ potrebbero venire ottime notizie di rapporto costo-beneficio, però sono in fase di studio in molti paesi del mondo. La tecnologia va studiata e capita, ci vorranno ancora diversi anni. Se si dovesse studiare una tecnologia del genere sarebbe saggio, io lo farei”, ha aggiunto il ministro.

“Abbiamo un appuntamento importante con la tassonomia energetica europea. La commissione europea, dopo un lungo lavoro, pubblicherà in questi giorni la tassonomia: una tabella intelligente che dice quali sono le tecnologie energetiche ritenute verdi che non producono anidride carbonica e gas clima alteranti e sulle quali sarà possibile investire nei prossimi anni. Ciascuno stato poi si farà il proprio energy mix”, ha ricordato il ministro, sottolineando che nella tassonomia europea “al 99% ci sarà anche il nucleare, perchè oggettivamente non fa Co2. è certo che ci sia, lo hanno già anticipato”.

Secondo Cingolani quindi, “con questa cosa in mente, bisogna pensare che ci sarà la possibilità di poter utilizzare tra le varie sorgenti anche il nucleare. Ogni paese è sovrano, noi abbiamo votato dei referendum anni fa che hanno escluso l’uso del nucleare. Era il nucleare di prima generazione. Poi, quando avremo tutti i dati sulle nuove tecnologie, il Paese prenderà le sue decisioni e può farlo in tanti modi, facendo altri referendum e altre leggi, ma io non ci sarò”. 


Cingolani, sul clima “un piano transizione complesso, tocca tutti”

Dazi, clima e Soros. Il forum di Davos visto dai social 

Dalle Alpi svizzere, a Davos, dove si è appena conclusa la cinquantesima edizione del World Economic Forum 2020, le visioni contrapposte sul problema del cambiamento climatico non hanno trovato alcuna sintesi che possa assomigliare a un buon compromesso: gli attivisti che mettono in guardia dal climate change e dal riscaldamento globale sono stati bollati come “profeti di sventura” da Donald Trump.

 

Nelle stesse ore la giovanissima attivista per l’ambiente Greta Thunberg apriva i lavori del Forum puntando il dito contro l’inefficacia delle politiche per la lotta ai problemi ambientali, al punto da archiviare l’evento con disappunto categorico: “Questione clima completamente ignorata a Davos. Ma ce lo aspettavamo”. E sui social ritroviamo esattamente le stesse posizioni, amplificate e cristallizzate nell’audience, senza tuttavia diventare un trending topic.

“I wonder, what will you tell your children was the reason to fail and leave them facing the climate chaos you knowingly brought upon them?”
Here’s a clip from my speech addressing the #WorldEconomicForum in Davos today. Full speech here: https://t.co/qAJIqYXxhd#WEF2020 pic.twitter.com/8Ev3HqRY7d

— Greta Thunberg (@GretaThunberg) January 21, 2020

Le parole di Greta sembrano trovare conferma anche sulle piattaforme web, almeno in Italia dove l’attenzione ai fatti di Davos è stata bassa (probabilmente anche a causa del forte interesse sulle elezioni in Emilia-Romagna), a giudicare dalle conversazioni e dai thread pubblicati: appena 7 mila conversazioni con circa 20 mila condivisioni, e scarsissima voglia di interagire: appena lo 0,391% di engagement rate. Volumi di conversazioni costanti per tutta la settimana, ma da parte di poche persone.

Evidentemente una soglia di attenzione è garantita da attivisti, persone interessate al tema, ma certamente la discussione sul climate change non è diventata mainstream, nonostante il coinvolgimento di personalità di grande rilievo mediatico come Greta e Trump.

Heading back to Washington from @Davos , Switzerland. Very successful (for USA) trip!

— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) January 22, 2020

Tuttavia il Forum #WEF può vantare un grosso seguito sui social: 7,8 milioni di follower su Facebook, 704 mila follower su Twitter, 2,7 milioni su Instagram, confermandosi un evento mondiale di grande interesse. Numeri però che non hanno scaldato le conversazioni “online”. Si seguono i temi, certo, ma senza interagire troppo. 

Il sentiment presente nei contenuti inerenti Greta conferma una contrapposizione senza vinti né vincitori, e restituisce l’immagine di un mondo diviso in due nelle sue opinioni principali: 55% negativo, 45% positivo. Percentuali di gradimento e affinità pressoché identiche per il presidente Trump.

 

Greta e Trump sono entrambe personalità che fanno discutere, dividono, ma nessuno dei due persuade l’audience attirando una netta prevalenza di gradimento; semmai osserviamo una visione che è nettamente contrapposta e statica tra opinioni. Un campo di discussione ormai definito dove nulla sembra cambiare.

Non sono mancati toni forti. Il Segretario al tesoro USA, Steven Mnuchin, ha invitato Greta a “studiare prima di dirci cosa fare” innescando, in thread, conversazioni su Twitter a cui hanno partecipato specialmente attivisti per il clima pronti a sostenere le posizioni della giovane attivista, alle quali si è aggiunta Angela Merkel: “La riduzione delle emissioni è una questione di sopravvivenza”.

Ma proprio Mnuchin trova spazio su Twitter anche grazie ad alcuni suoi annunci. La frase più usata nei tweet è “metteremo nuovi dazi”, in proposito all’avvertimento del Segretario all’Italia sul tema Web tax. La piazza social sembra attenta e preoccupata pensando al rischio di nuovi dazi; Donald Trump è molto sensibile al tema riaffermando il concetto “America first”.

Ripetete : #Trump è amico dell’ #Italia, Trump è nostro amico… #dazi https://t.co/mLBlPAyRnb

— Il Gufo (@IlGufo19) January 21, 2020

“L’America è tornata a vincere”, ha affermato Trump, elencando i risultati economici favorevoli degli USA degli ultimi anni. Quello di Davos è stato un Forum che secondo il Presidente è stato un successo per gli USA, come ha scritto su Twitter. Purtroppo Greta e gli attivisti non possono dire la stessa cosa… Visioni contrastanti non solo tra Trump e Greta ma anche tra il Presidente USA e Christine Lagarde. 

La prossima presidente della Bce ha parlato del tema dei cambiamenti climatici dopo il Consiglio direttivo: “Il cambiamento climatico è una minaccia per la stabilità. Sono felice che il tema dell’ambiente trovi il suo spazio nella revisione sulla strategia che effettueremo”. E infatti proprio Lagarde rientra nel panel degli speaker più menzionati sui social in concomitanza del Forum.

Nella contesa per la visibilità social e Soros a vincere, ben di più dei protagonisti attesi come Greta e Trump. E lo fa agganciandosi alla discussione tutta Italiana sul movimento di piazza delle Sardine: “C’è speranza nei movimenti spontanei giovanili, come la rivolta di Hong Kong, o come in Italia le Sardine, che hanno trovato il modo di affrontare i dittatori nazionalisti, o un aspirante dittatore come Salvini. Ci sono più sardine che squali come Salvini e dunque le Sardine avranno la meglio”.

Per il finanziere paladino della società aperta (spesso bersaglio proprio del leader leghista) il sentiment delle conversazioni è nettamente negativo al 72% e l’account più menzionato in sua concomitanza è proprio quello di @matteosalvini, a conferma del fatto che l’audience li percepisce in forte antagonismo. 

Da #Davos Trump avverte la #UE: “misure dolorose” (alias nuovi dazi) senza nuovi accordi commerciali in tempi brevi. I Pil di UE e USA sono quasi pari. Grazie Trump per averci ricordato che solo un’Europa unita può contare in un mondo globalizzato e resistere alle minacce.

— Carlo Cottarelli (@CottarelliCPI) January 23, 2020

Agi

Blackrock voterà contro i cda che non fanno progressi sul clima

Blackrock, la più grande società d’investimento del mondo, è pronta a votare contro i consigli di amministrazione delle società di cui è azionista “se non svolgeranno progressi sufficienti in materia di informativa sulla sostenibilità e non predisporranno linee guida e piani aziendali ad essa connessi”.

Lo ha scritto l’ad del gruppo, Larry Fink, a conclusione di una lettera pubblicata oggi sul sito dell’azienda. “Riteniamo che quando una società non affronta efficacemente un problema materiale, i suoi amministratori debbano essere ritenuti responsabili”, ha spiegato; “laddove riteniamo che le società e i consigli di amministrazione non stiano producendo informative efficaci sulla sostenibilità o non stiano implementando procedure per la gestione di questi problemi, considereremo i membri del consiglio di amministrazione responsabili”. 

I rischi collegati al cambiamento climatico cambieranno per sempre il mondo della finanza, osserva il numero uno di Blackrock. “Il cambiamento climatico è divenuto per le società un fattore determinante da prendere in considerazione nell’elaborare le strategie di lungo periodo”, ha sottolineato

“Lo scorso settembre, quando milioni di persone si sono riversate per le strade per richiedere un intervento in merito al cambiamento climatico, molte di loro hanno evidenziato l’impatto significativo e duraturo che questo fenomeno avrà sulla crescita e sulla prosperità economica, un rischio che i mercati fino ad oggi sono stati più lenti a recepire”.

“Ma – prosegue la lettera di Fink – la consapevolezza sta cambiando rapidamente e credo che siamo sull’orlo di una completa trasformazione della finanza. I dati sui rischi climatici obbligano gli investitori a riconsiderare le fondamenta stesse della finanza moderna”.

Per questo “sempre più gli investitori sono costretti a confrontarsi con questi interrogativi e sempre più si rendono conto che rischio climatico significa rischio d’investimento. In effetti, i cambiamenti climatici sono quasi invariabilmente la prima problematica che i clienti, in tutto il mondo, ci pongono innanzi. Questi interrogativi stanno comportando una profonda rivalutazione del rischio e del valore degli asset. E poiché i mercati dei capitali anticipano il rischio futuro, registreremo i cambiamenti nell’allocazione di capitali più rapidamente rispetto a quelli nel clima. In un futuro vicino – prima di quanto anticipato da molti – avrà luogo una significativa riallocazione del capitale“, prevede l’ad di Blackrock.

Agi

Clima: Wec, le strade per centrare target decarbonizzazione

(AGI) – Roma, 19 apr. – A distanza di cinque mesi dalla 22esima Conferenza delle Nazioni Unite sul clima, che si e’ svolta a Marrakech lo scorso anno, e a poco piu’ di quindici mesi dall’Accordo di Parigi del dicembre 2015 (Cop 21), che ha riconosciuto come improcrastinabili gli impegni per la lotta ai cambiamenti climatici, ponendo l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media globale terrestre entro i 2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali, si accelerano le iniziative per allineare le politiche nazionali ed europee all’ambizione dell’Accordo di Parigi. Il confronto che Wec Italia e i Parlamentari per lo sviluppo sostenibile hanno lanciato oggi a Roma ha avuto lo scopo di analizzare possibili azioni per rendere piu’ efficaci gli strumenti adottati a livello europeo per conseguire gli obiettivi di diminuzione delle emissioni di gas a effetto serra. Obiettivi che l’Europa ha approvato nell’ottobre 2014 e che prevedono, al 2030, la riduzione del 40% delle emissioni di CO2, un incremento del 27% delle fonti rinnovabili e un incremento di almeno il 27% dell’efficienza energetica.
Tale confronto acquista particolare significato in questo momento in cui e’ in corso la revisione della direttiva Ets (Emissions Trading System), finalizzata a rafforzare il meccanismo di scambio delle quote di emissione di CO2 nel mercato europeo. L’Ets, dopo una prima fase di prova (2005 – 2007) la successiva fase di adempimento (2008-2012), e’ entrato nella terza fase che terminera’ nel 2020. Dal 2021 in poi, l’Ets entrera’ nella cosiddetta quarta fase che si protrarra’ fino al 2030, durante la quale dovra’ dimostrare la propria efficacia nell’innescare una trasformazione tecnologica capace di portare il settore energetico e quello industriale alla decarbonizzazione.
In questo contesto si inserisce lo studio di Nomisma Energia che analizza vantaggi e criticita’ dell’Ets, valutando iniziative integrative o alternative all’Ets stesso. Secondo la ricerca, presentata da Davide Tabarelli, in questi anni il sistema, pur risultando inizialmente un valido aiuto per le imprese soggette alla riduzione delle emissioni alteranti del clima, non e’ riuscito da solo ad avviare efficacemente la transizione verso tecnologie a basso impatto di carbonio. E questo soprattutto a causa del valore economico che le quote di CO2 hanno assunto sul mercato: prezzo troppo basso per consentire gli investimenti necessari a sostenere l’innovazione industriale e la ridefinizione del mix di combustibili per la produzione di elettricita’.
Secondo le ultime rilevazioni, la CO2 ha una quotazione che oscilla intorno al valore di 5 euro/tonnellata, molto al di sotto della soglia stimata da Nomisma Energia per stimolare almeno il cosiddetto “switch” fra il carbone e il gas. Un adeguato prezzo della CO2 – oltre a dare impulso alla generazione elettrica con impianti ad alta efficienza e a basse emissioni, come i cicli combinati a gas naturale – potrebbe anche favorire l’ulteriore sviluppo delle fonti rinnovabili.
Secondo lo studio potrebbe essere adottato il sistema Eps (Emissions Performance Standard) che in Gran Bretagna ha ridotto sensibilmente l’utilizzo di carbone per produrre energia.
“Passare dal carbone al gas – ha spiegato nel corso di una tavola rotonda Massimo Mantovani, chief Midstream Gas & Power Officer di Eni – e’ possibile: con 240 milioni di euro in piu’ all’anno si puo’ fare lo switch e ridurre del 60% le emissioni di CO2. Le infrastrutture ci sono, bisogna fare una scelta”.
Anche Andrea Stegher, senior vice president Corporate Strategy di Snam, si e’ soffermato sulle possibilita’ del nostro paese: “L’Italia e’ ben messa per lo switch carbone/gas. Ha le infrastrutture sufficienti, le centrali a ciclo combinato”. Per l’ad di Sorgenia Gianfilippo Mancini “dal fallimento del sistema Ets si puo’ imparare prendendo esempio dalla Gran Bretagna. Dobbiamo pensare ad alternative che spingano lo switch carbone/gas”. (AGI)
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Agi News

Usa: ministro Energia designato Perry, cambiamento clima esiste

(AGI) – Roma, 19 gen. – Il segretario all’Energia designato, Rick Perry, non nega ne’ l’esistenza del cambiamento climatico ne’ che parte della responsabilita’ sia del genere umano. Durante la sua audizione di conferma al Senato, l’ex governatore del Texas ha affermato che il clima sta cambiando e che “parte di cio’ e’ dovuto all’attivita’ umana”. “Il problema e’ come affrontarlo in una maniera ragionata che non comprometta la crescita economica”, ha aggiunto.
Perry si e’ poi detto pentito di aver chiesto, anni fa, l’abolizione del dipartimento che e’ ora chiamato a guidare: “Le mie dichiarazioni di oltre cinque anni fa sull’abolizione del dipartimento dell’Energia non riflettono la mia posizione attuale: dopo essere stato informato su molte delle vitali funzioni del dipartimento dell’Energia, mi pento di aver chiesto la sua eliminazione”. (AGI)

Rus

Agi News

Clima: Descalzi, non credo Trump metterà in crisi accordo

Firenze – "Non credo che Trump metterà in crisi Parigi". E' quanto ha affermato l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, partecipando a un incontro a Firenze con gli studenti organizzato dall'Osservatorio giovani editori, riferendosi all'accordo sul clima di Parigi, la Cop 21. "L'Europa ha impiegato molte risorse per ridurre le emissioni e non ce l'ha fatta, gli Usa non ci hanno provato ma ci sono riusciti perche' hanno trovato molto gas diminuendo l'utilizzo di carbone", ha osservato il manager. "O Trump decide di dare sussidi al carbone ma essendo un imprenditore e un uomo concreto non credo che lo fara' o gli Usa continueranno a usare il gas visto che ne hanno tanto", ha aggiunto. 

Iran: "ci siamo e torneremo a operare"
"Non siamo in ansia, ci siamo e riprenderemo a lavorare in Iran", ha detto poi l'ad rispondendo alle domande degli studenti. "Siamo ancora in Iran, non ce ne andiamo perché ci devono ancora un sacco di soldi", ha aggiunto scherzando. "Torneremo" a operare nel paese "quando avremo recuperato i soldi e conosceremo i contratti", ha sottolineato. 

Sviluppo, "bisogna cambiare modello occidentale"
Bisogna cambiare il modello di sviluppo del mondo occidentale, provando a ridurre il gap tra paesi che non hanno e aree del pianeta ricche ma oggi sempre più in crisi. E' il messaggio che ha quindi lanciato Descalzi in un teatro Odeon gremito di ragazzi e ragazze: "oggi questo modello sta portando il conto. E' quindi normale che chi non ha si dirige verso le zone del mondo dove c'e' lo sviluppo.Il modello occidentale dove gli Stati vanno a prendere risorse ed energia in altri Stati, piu' poveri, per esportare, non funziona piu' e va messo in discussione".
Descalzi ha parlato dell'Africa "sempre piu' povera, eppure ricchissima di risorse, e dell'Europa che nonostante tutto, oggi, appare indebolita. Non ha energia, la deve comprare ma allo stesso tempo e' statura di domanda". Questo ha provocato una situazione paradossale: "L'Europa che ha speso piu' di tutti per ridurre le emissioni di CO2 ha visto aumentare del 10% l'utilizzo del carbone" che rappresenta la fonte energetica piu' inquinante. Tale modello di sviluppo in crisi, ha rimarcato l'ad, "ha provocato una catena di problemi da quello ambientale, a tensioni sociali e politiche".
Focalizzandosi in particolare sulla questione climatica, Descalzi ha sottolineato l'importanza che con l'accordo sul clima di Parigi, "196 Stati abbiano riconosciuto che il cambiamento c'e' ed e' un problema. Ma il punto e' che senza leggi e disposizioni vincolanti a decidere e' il mercato che sceglie sempre le soluzioni piu' economiche". "L'utilizzo del carbone in Europa e' aumentato, tale situazione va affrontata in modo serio. Per questo sono necessarie scelte politiche coraggiose che puntino su gas e rinnovabili garantendo, allo stesso tempo, la competitivita' delle imprese europee", ha concluso.

Agi News