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L’inflazione aumenta ancora: +1,2% a marzo su febbraio, +6,7% sull’anno

AGI – Continua a correre l’inflazione, che a marzo accelera per il nono mese consecutivo. Secondo le stime preliminari dell’Istat, questo mese l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dell’1,2% su base mensile e del 6,7% su base annua (da +5,7% del mese precedente). Un aumento che non si registrava dal 1991.

L’accelerazione dell’inflazione su base tendenziale è dovuta anche questo mese prevalentemente ai prezzi dei beni energetici (la cui crescita passa da +45,9% di febbraio a +52,9%), in particolare a quelli della componente non regolamentata (da +31,3% a +38,7%), e, in misura minore, ai prezzi dei beni alimentari, sia lavorati (da +3,1% a +4,0%) sia non lavorati (da +6,9% a +8,0%) e a quelli dei Beni durevoli (da +1,2% a +1,9%); i prezzi dei beni energetici regolamentati continuano a essere quasi doppi di quelli registrati nello stesso mese dello scorso anno (+94,6%, come a febbraio).

I Servizi relativi ai trasporti, invece, registrano un rallentamento (da +1,4% a +1,0%). L'”inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera da +1,7% a +2,0% e quella al netto dei soli beni energetici da +2,1% a +2,5%.

Su base annua accelerano in misura ampia i prezzi dei beni (da +8,6% a +10,2%), mentre quelli dei servizi rimangono stabili (+1,8%%); si allarga quindi il differenziale inflazionistico negativo tra questi ultimi e i prezzi dei beni (da -6,8 punti percentuali di febbraio a -8,4).

L’aumento congiunturale dell’indice generale è dovuto, per lo più, ai prezzi dei beni energetici non regolamentati (+8,9%) e in misura minore dei beni alimentari lavorati (+1,0%), dei servizi relativi ai trasporti (+0,9%), dei beni durevoli (+0,7%) e degli alimentari non lavorati (+0,6%).

L’inflazione acquisita per il 2022 è pari a +5,3% per l’indice generale e a +1,6% per la componente di fondo. Secondo le stime preliminari, infine, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) aumenta del 2,6% su base mensile, prevalentemente per effetto della fine dei saldi invernali, di cui il Nic non tiene conto, e del 7,0% su base annua (da +6,2% di febbraio). 

 


L’inflazione aumenta ancora: +1,2% a marzo su febbraio, +6,7% sull’anno

Piazza Affari è ancora in altalena

Continua all’insegna della variabilità la giornata di Piazza Affari: al giro di boa il Ftse Mib, che dopo un passaggio in negativo era tornato a guadagnare l’1,5%, è in lieve calo frazionale (-0,27%).

A pesare sui mercati, che aspettano certezze dalle risposte della politica per limitare i danni dell’epidemia di coronavirus sull’economia, anche l’indice di fiducia della zona euro, crollato a marzo.

Sempre bene i titoli bancari (Unicredit +2,88%), con Intesa che pero’ si muove in controtendenza; denaro su Tim (+5,9%). Bene i petroliferi (Eni +2,9%, Saipem +4%) e le reti. Forti vendite sulle assicurazioni (Generali -4%) e su Nexi nei pagamenti. Sempre male la galassia del Lingotto, con Fca che perde il 6%

I mercati, che hanno mostrato di non accontentarsi delle mosse accomodanti delle banche centrali, si augurano che arrivino nuovi stimoli da parte dei governi. C’è attesa soprattutto per quanto si farà negli Usa, dove oggi segretario al Tesoro Steven Mnuchin chiederà ai senatori 800 miliardi di dollari di aiuti alle imprese. Anche da Berlino si attendono nuovi stimoli, in aggiunta ai 550 miliardi di euro di garanzie sui prestiti già preannunciate

Gli occhi degli investitori sono puntati sulle risposte all’epidemia di Coronavirus, sia da un punto di vista sanitario che da un punto di vista economico: i ministri dell’Economia dell’Eurozona stanno valutando l’utilizzo delle risorse dell’Esm per rispondere alla crisi, Cina, Giappone e Corea vogliono collaborare per fronteggiare il contagio, la Nuova Zelanda ha annunciato un piano di stimolo all’economia. 

Agi

Dal Milleproroghe al Cantiere Taranto, i dossier economici ancora aperti

Archiviato il capitolo legge di Bilancio, sul tavolo del governo restano ancora diversi dossier economici da chiudere: dal decreto Milleproroghe al ‘Cantiere Taranto’, dalle misure per salvare la Banca popolare di Bari al dl Alitalia. Il più spinoso da ‘smaltire’ è il decreto Milleproroghe. L’approvazione è arrivata ‘salvo intese’, dopo un Consiglio dei ministri fiume e non senza tensioni, il che lascia aperta la possibilità di ulteriori modifiche.

Tra i nodi che vanno sciolti c’è il tema concessioni autostradali. L’inserimento della norma che prevede, in caso di revoca, la gestione temporanea ad Anas di strade e autostrade ha aperto un fronte caldo sia all’interno della stessa maggioranza, sia con società Autostrade, per non parlare delle pressioni delle opposizioni. Il premier Giuseppe Conte ha chiarito che le nuove norme sulle concessioni autostradali non vogliono essere punitive o penalizzanti per i concessionari, ma introdurre un regime più trasparente.

Subito dopo l’Epifania, cominceranno i lavori sul dl Alitalia. La commissione Trasporti della Camera avvierà una serie di audizioni: il 7 gennaio verranno ascoltati, alle 13,45, i rappresentanti di Lufthansa e alle 14,30 il commissario straordinario Giuseppe Leogrande. Alle 16 della stessa giornata sarà la volta del ministro delle Infrastrutture, Paola De Micheli. Ed entro le 19 è fissato il termine per la presentazione degli emendamenti da parte dei gruppi. Il decreto è atteso nell’Aula di Montecitorio il 13 gennaio per la discussione generale, che andrà avanti il giorno successivo. 

Partirà invece dall’8 gennaio l’esame del decreto legge “per il sostegno al sistema creditizio del Mezzogiorno e per la realizzazione di una banca di investimento”, che ha come obiettivo il salvataggio della Banca Popolare di Bari. Quel giorno saranno auditi i sindacati, Federcasse, Invitalia, Mediocredito centrale e i rappresentanti del Fitd, il Fondo interbancario di tutela dei depositi. Il 9 gennaio sarà la volta di Consob, dei sindaci di Bari e Teramo (Antonio Decaro e Gianguido D’Alberto) e della Banca d’Italia. Il ciclo di audizioni si chiuderà il 10 gennaio con l’intervento del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri.

La commissione Finanze della Camera ha fissato la scadenza per gli emendamenti a lunedì 13 gennaio alle 11. Gennaio dovrebbe essere anche il mese dell’approvazione del decreto che riguarda il ‘Cantiere Taranto’. A volerlo fortemente è il premier Giuseppe Conte secondo cui Taranto versa in “una più generale situazione emergenziale”, di fronte a cui “reputo necessario aprire un ‘Cantiere Taranto’, all’interno del quale definire un piano strategico, che offra ristoro alla comunità ferita e che, per il rilancio del territorio, ponga in essere tutti gli strumenti utili per attrarre investimenti, favorire l’occupazione e avviare la riconversione ambientale”.

Non solo Ilva, quindi, ma un vero e proprio mix di interventi: si va dalla tutela del lavoro alle misure in favore dell’università e della ricerca, dalla tutela di salute e ambiente al completamento delle infrastrutture, dal rifinanziamento della cassa integrazione alla demolizione delle case abusive nel centro storico di Taranto. 

Agi

Draghi: rischi al ribasso sulla crescita, ancora essenziali stimoli monetari

“I rischi sulle prospettive di crescita economica dell’area euro si sono spostati al ribasso a causa della persistenza di incertezze legate a fattori geopolitici e alla minaccia di protezionismo, vulnerabilità nei mercati emergenti e volatilità dei mercati finanziari”.

Lo ha detto il presidente della Bce, Maio Draghi.   “Significativi stimoli di politica monetaria rimangono essenziali per sostenere l’ulteriore rafforzamento delle pressioni sui prezzi domestiche e gli sviluppi dell’inflazione nel medio termine”  ha detto Draghi, sottolineando che “ciò sarà garantito dalla nostra politica futura, rafforzata dai reinvestimenti”. 
 

Agi

Ancora guai per il Milan, ora Li Yonghong vuole fare causa a Fininvest

Li Yonghong passa al contrattacco. A poche ore dal “no” dell’Uefa al settlement agreement, il patron del Milan ha chiesto agli avvocati di Gianni Origoni Grippo Cappelli &Partners di studiare un’azione legale con Finivest. Lo rivela Milano Finanza.

Leggi anche: Cosa sta succedendo esattamente al Milan

Nyon, dopo aver negato il voluntary agreement, ha bocciato anche il patteggiamento delle sanzioni relative alla violazione del Fair Play Finanziario per il periodo 2015-2017. Una decisione che rischia di incidere negativamente sul futuro del club rossonero: i giudici dell’Uefa, che si esprimeranno a metà giugno, hanno un ampio ventaglio di sanzioni da cui scegliere per punire il Milan: la più severa sarebbe l’esclusione dall’Europa League.

A pesare sulla bocciatura, le incertezze sul rifinanziamento del debito di 303 milioni contratto con il fondo americano Elliott. In sostanza: i dubbi sulla solidità finanziaria dell’imprenditore oggetto di numerose inchieste giornalistiche e di una inchiesta aperta dalla procura di Milano.

È così che Rossoneri Sport Investment del misterioso imprenditore cinese, ha incaricato lo studio legale di Milano di avviare “una valutazione dei profili di tutela del proprio investimento (740 milioni) nel Milan in caso di soccombenza nei confronti dell’Uefa”, scrive Milano Finanza. Allo studio le clausole del contratto firmato il 13 aprile dell’anno scorso con Fininvest.

“All’attenzione dei legali di Gop ci sono le garanzie che, secondo una prima interpretazione di parte, sarebbero state inserite nell’accordo relativo alla compravendita”. Nel ragionamento cinese, solo il bilancio del 2017 è opera della nuova gestione, mentre gli altri documenti finanziari, finiti nel mirino dei tecnici di Nyon, arrivano dalla precedente gestione targata Adriano Galliani.

Nessun commento trapela per il momento da Fininvest. Nel frattempo, scrive Repubblica, è stato convocato per venerdì 25 maggio un delicatissimo cda a Casa Milan: Li dovrà versare altri 10 milioni di euro per il previsto aumento di capitale. Se i soldi non arrivano, Elliott potrebbe subentrare in anticipo nella gestione societaria. 

Agi News

Ai nuovi lavoratori i sindacati servono ancora o basta un gruppo Facebook?

Il sindacato del futuro potrebbe essere completamente digital e social. È uno scenario immaginato da Quartz che ha provato a capire quanto la rete, e in particolare i gruppi Facebook, siano già in grado di dare una voce “collettiva” a tutti quei lavoratori che non possono iscriversi ad un sindacato tradizionale o che cercano una nuova forma per essere rappresentati e difesi. Parliamo dei collaboratori freelance nati all’epoca dello smart working che lavorano da casa o nei coworking, che non hanno mai visto in faccia i loro colleghi e che, nonostante questa distanza, hanno bisogno di unirsi per portare avanti le stesse battaglie.

Meno costi e più rapidità

I social, del resto, permettono di avere molti vantaggi rispetto al sindacato tradizionale. Si possono condividere molto più rapidamente informazioni ed eventi, aggiornando continuamente in caso di novità e discutendo, quasi in tempo reale, sulle azioni da intraprendere. Permettono di portare avanti scelte democratiche dato che i gruppi sono chiusi, privati e danno la possibilità di lanciare sondaggi e quindi vere e proprie votazioni.

Ma non solo. Abbattono i costi delle sedi fisiche, semplificano gli ostacoli burocratici e fanno ottenere, sfruttando i meccanismi della rete, una maggiore visibilità per le proprie campagne. I dipendenti freelance, i collaboratori, i lavoratori a scadenza, quelli che fanno parte della cosiddetta gig economy, hanno cioè capito che è la rete il luogo giusto dove ritrovarsi, discutere e combattere per i propri diritti.

Un meccanismo che è già partito (e funziona)

Fast Company ha recentemente raccontato della protesta portata avanti dai lavoratori di un’azienda di consegne, Instacart, per ottenere salari più alti. Un protesta nata, organizzata e portata a compimento all’interno di un gruppo Facebook dedicato. Tutto nonostante molti dipendenti fossero iscritti a un sindacato tradizionale che, però, non avrebbe potuto dare loro la possibilità di portare avanti un “no-delivery day”  (un giorno senza consegne) in maniera così repentina e con un impatto mediatico così forte.

Ogni gruppo Facebook, inoltre, impone delle regole di comportamento ai suoi membri molto rigide che ricordano veri e propri statuti ed è governato da amministratori, i famosi admin, che controllano tutto quello che viene pubblicato eliminando qualsiasi forma di spam o di post non inerente al conseguimento di un obiettivo comune. E non è un caso che Facebook abbia deciso di dare loro sempre più poteri.

Un esercito di 100 milioni di membri

Ogni giorno su Facebook nascono moltissimi gruppi e già 100 milioni utenti li popolano e li animano. E quelli dedicati al mondo del lavoro, in particolare, hanno dimostrato quanto possano essere utili nell’unire persone intorno a interessi e intenti comuni. Sia recuperando valori trasmessi dai sindacati “fisici” e sia sfruttando le possibilità offerte dai social come quello di Mark Zuckerberg. Quartz cita altri due esempi: il gruppo chiuso “Airline FA Contract Compare & Share” dove più di 3mila assistenti di volo discutono di ciò che accade, a livello contrattuale e non solo, all’interno delle varie compagnie aeree a cui appartengono; e il gruppo “I’m a Real Estate Appraiser" dove periti ed esperti si ritrovano per avere maggiore controllo all’interno del loro settore in un’epoca di grande cambiamento. 

Dalle bandiere in piazza agli hashtag

Il mondo digitale sta cambiando, infine, anche la creazione e la diffusione degli slogan. Ci sono meno voci urlate dentro ai megafoni, meno discese in piazza e più “cancelletti”da diffondere su twitter e su Facebook. La forma migliore per coinvolgere opinione pubblica e media. Dai dipendenti di Zara, e il loro #ChangeZara per ottenere salari più dignitosi, a #NameTheTranslator e #NoFreePhotos, la lotta di traduttori e fotografi professionisti contro i lavoratori improvvisati.

Le firme di protesta, necessarie per portare avanti le rivendicazioni davanti ai vertici delle aziende, non si raccolgono più nei gazebo ma direttamente attraverso piattaforme specifiche come coworker.org. Tutte iniziative che, nel 2015, ottennero persino l’appoggio e la lode dell’allora Presidente americano, Barack Obama. In un mondo così veloce anche le proteste hanno bisogno di essere coordinate molto rapidamente e arrivando a un numero di utenti più largo possibile nel tempo più breve possibile. Cosa che i sindacati, almeno quelli classici, non stanno più riuscendo a fare. Facebook, invece, sì ed è pronto a prendersi anche questa forma di ritrovo e discussione. 

 

Agi News

Gentiloni: Paese accelera e dobbiamo accelerare ancora

"L'economia italiana accelera e lo fa per merito delle famiglia, delle imprese e dei lavoratori". Così il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, commenta i dati diffusi oggi dall'Istat. 

"I governi – ha aggiunto – hanno cercato di incoraggiare questa spinta ma se la crescita è dell'1,8% quando le previsioni erano pochi mesi fa dello 0,8%, questo è perché il sistema si è rimesso in moto. Di questo dobbiamo essere orgogliosi". Ora "non dobbiamo dilapidare questi risultati ma insistere e accelerare ancora lungo questa strada. Il governo – ha assicurato infine – farà la sua parte e una parte rilevante della manovra è il pacchetto impresa 4.0". 

Agi News

Perché in Emilia Romagna la banda ultralarga ancora fatica a diffondersi

Sembra una riga tirata a tavolino. E ricalca, più semplicemente, la vecchia Via Emilia e le assai più recenti autostrade (A1 e A14), che collegano Milano a Rimini. Non ci sorprende, visto che da sempre le più importanti strutture e infrastrutture si sono sviluppate lungo le principali vie di comunicazione. L’ultrabanda non fa eccezione e, anche se spot di maggiore accesso presso gli hub del sistema di trasporto sono evidenti anche in altre regioni, nel caso dell’Emilia-Romagna questo dato è evidente a colpo d’occhio. Eccezion fatta per le province di Ferrara e Ravenna, l’accesso alla banda ultralarga è decisamente lineare, e al di là delle città lungo la principale via è anche molto scarso.

La banda a 100Mbps resta un miraggio

Questo è vero per l’attuale copertura a 30Mbps, che dovrà nel corso dei prossimi due anni arrivare dall’attuale 36.6% degli immobili raggiunti in tutta la regione al 100%, ma è vero anche per gli obiettivi di copertura a 100Mbps nel 2018, quando nuovamente la via Emilia emergerà dalla mappa regionale come zona di territorio più coperto. Per ragioni legate probabilmente alla disponibilità di fondi, sia nazionali che europei, le regioni del Sud del paese hanno visto, nel campo delle infrastrutture di rete un maggiore impegno negli ultimi anni. E quindi, la copertura, sempre in termini di immobili raggiunti dall’ultralarga a 30Mbps tende a essere più assicurata a Sud che nelle regioni del Nord. La storia è (solo) parzialmente diversa per la banda a 100Mbps, ma qui gli obiettivi, anche in regione Emilia-Romagna sono ancora lontani dall’essere realizzati per gran parte del territorio.

Gli Appennini restano un problema

Il discrimine rimane, come in altre zone del paese, la dorsale appenninica. Coprire le montagne è più complicato che non le pianure o le coste, e questa è una delle sfide di gran parte del nostro territorio nazionale. Le zone di montagna sono quelle meno popolate, con minore presenza di attività produttive, quelle che sono andate più in crisi, tranne in aree ad elevato interesse turistico, e che, al contrario, necessiterebbero di una grande spinta per reinventare un’economia e uno sviluppo sostenibili e al tempo stesso accessibili per la popolazione.

Con una popolazione di poco meno di 5 milioni di abitanti e quasi 3 milioni di immobili da collegare in rete, l’Emilia-Romagna è una delle regioni più ricche e industrializzate del paese. Ma dal punto di vista della banda ultralarga, nonostante il grande sforzo fatto con l’Agenda digitale regionale, sembra che la copertura di molti territori sia ancora lontana dall’essere davvero avanzata. Nell’Agenda digitale dell’Emilia-Romagna si legge però che il piano regionale è ambiziosissimo e punta a ottenere nel 2025 una Emilia-Romagna 100% digitale “in cui le persone vivono, studiano, si divertono e lavorano utilizzando le tecnologie, Internet e il digitale in genere senza che questo risulti una eccezionalità”. Ma soprattutto si punta a una regione che realizzi “un ecosistema digitale adeguato” in cui siano pienamente soddisfatti “i diritti digitali con zero differenze tra luoghi, persone, imprese e città”.

I dati che vediamo rappresentati in mappa qui di seguito, per l’ultralarga a 30Mbps e per quella a 100Mbps, sono prelevati, come in tutte le puntate della nostra serie dedicate alla BUL nelle regioni italiane, dal sito Strategia banda ultralarga.

L’ultralarga a 30Mbps

L’ultralarga a 100Mbps

Come si leggono le mappe dell’accesso a 30Mbps e 100Mbps

Le mappe qui sopra rappresentano, per intensità di colore, l’accesso all’ultralarga nei diversi comuni della regione.

Cliccando con il  puntatore all’interno dell’area comunale è possibile vedere i dati al presente (ultimo rilevamento alla fine di giugno 2017) e le proiezioni al 2018 e al 2020.

Il dato della popolazione è rappresentato da un punto colorato al centro del territorio comunale. L’intensità dei colori a colpo d’occhio permette di vedere nell’insieme quali sono le zone più popolate rispetto a quelle meno densamente abitate. Passando con il puntatore sopra il cerchietto si visualizza il dato preciso del numero di residenti al 1 gennaio 2017, secondo Istat.

I riquadri che accompagnano le mappe permettono di analizzare i dati più in dettaglio, per esempio andando a vedere quanti comuni saranno effettivamente raggiunti dalla ultralarga nei prossimi anni, con gli obiettivi 2018 e 2020. Cliccando sulle barre colorate, è possibile evidenziare quegli stessi dati sulla mappa, sia evidenziando, nelle prime due mappe, quali sono i territori che nel corso del tempo saranno coperti sempre più, sia comprendendo, nella terza, come sono distribuite le attività nelle diverse province.

Attività economiche, sociali e culturali distribuite sul territorio

Importante sarà vedere nei prossimi anni come gli obiettivi di copertura e accesso alla banda ultralarga saranno garantiti anche a tutte quelle attività che potrebbero trarne maggiore vantaggio. Si parla esplicitamente nel documento dell’Agenda digitale regionale di copertura delle scuole, con fibra e banda larga, così come della necessità di dare accesso alle moltissime attività produttive e alla Pubblica amministrazione. Al momento, vediamo la distribuzione delle attività economiche (dai dati del registro imprese) per provincia, così come delle strutture di cura del SSN (sia gli ospedali pubblici che le case di cura private convenzionate) e le sedi scolastiche. Tutti questi dati sono disponibili sui siti di Istat e del Miur. 

Come atteso, la provincia che ha il maggior numero di attività economiche registrate è il capoluogo regionale, Bologna. Eppure anche le province di Modena, Reggio-Emilia e Parma hanno un numero molto alto di imprese, anche in rapporto alle medie provinciali nazionali. Queste province hanno anche un numero relativamente elevato di grandi aziende, con più di 250 addetti ciascuna. 

Se andiamo, come nel caso delle altre regioni, a suddividere ed evidenziare, per provincia, le tipologie di azienda, scegliendo di evidenziare solo quelle che riteniamo più immediatamente interessate dalla disponibilità della rete, vediamo nel grafico qui sopra che al primo posto, come atteso e come ovvio anche nella maggior parte delle altre regioni, ci sono le attività commerciali. Molto presenti, in Emilia-Romagna, però sono anche le attività professionali, tecniche e scientifiche e poi, al terzo posto, anche se come dimensione economicamente probabilmente sono più significative, le attività manifatturiere.

Sarà interessante monitorare, negli anni a venire, l’attuazione del piano di Agenda digitale e vedere se l’inclusione di gran parte della popolazione e delle attività porterà anche allo sviluppo di diverse tipologie di soggetti economici così come di proposte culturali e sociali su tutto il territorio emiliano-romagnolo. 

Agi News

Cani Recinto Mangione a Vittoria, ancora abbandono di cani: l'Aida

Cani

Recinto Mangione a Vittoria, ancora abbandono di cani: l'Aida
“In data 22 e 25 ottobre 2015, si legge nella missiva, presso la struttura denominata Recinto Mangione sono stati abbandonati 6 e 3 cuccioli di cane. In ambedue le occasioni è stato immediatamente contattato il locale Comando di Polizia Municipale per …
http://www.laspia.it/recinto-mangione-a-vittoria-ancora-abbandono-di-cani-laida-informa-digos-nas-e-prefettura/

cani

Divorziano e chiedono l'affidamento dei cani
E la novità che trasforma in caso una separazione come tante sta proprio nell'accordo sulle condizioni di affido, mantenimento e cura dei cani tradotto nel decreto di omologa. Ed è il primo registrato dal tribunale di Livorno. Ripartiti i beni …
http://iltirreno.gelocal.it/cecina/cronaca/2015/10/30/news/si-divorziano-e-chiedono-l-affidamento-dei-cani-1.12356900


Amici e natura